lunedì 31 dicembre 2007

Goodbye, Phil.

Il blog si unisce al cordoglio della famiglia, del club e di tutti i tifosi del Motherwell per la perdita di Phil O'Donnell, il capitano, deceduto ieri in campo all'età di 35 anni. Queste morti iniziano a diventare troppe, ma gli organismi calcistici internazionali quando decideranno di intervenire? RIP Phil.

Euskal Herria 1-1 Catalunya.

Euskal Herria: Lafuente (46' Riesgo); Iraola (46' López Rekarte), Labaka, Amorebieta (46' Mikel González), Del Horno (76' Urzelai); Xabi Prieto (60' Mendieta), Orbaiz (46' Puñal), Aranburu, Yeste (46' Gabilondo); Etxeberria (42' Aduriz), Fernando Llorente (46' Joseba Llorente). Allenatori: José Angel Iribar e Miguel Etxarri.
Catalunya:
Jorquera (14' Morales); Bruno, Belenguer (46' Tortolero), Puyol (46' Carlos García), David García (46' Chica); Sergio González, Xavi (65' Angel), Verdú; Corominas (81' Soler), Sergio García (74' Crosas), Bojan (60' Pinilla). Allenatore: Pere Gratacós.
Reti: 29' Bojan, 69' Aduriz.
Arbitro: Pérez Lasa (Comité vasco).

E' finita con un giusto pareggio l'amichevole dal sapore antico tra Euskal Herria e Catalunya, ma come sempre il risultato del campo passa in secondo piano rispetto al significato della manifestazione, che ogni anno mira ad attirare l'attenzione sul problema del riconoscimento FIFA delle selezioni interne a quella spagnola. La risposta del pubblico bilbaino (con l'aggiunta di alcune migliaia di catalani) non si è fatta attendere: 40.000 spettatori, San Mamés strapieno e grande successo dopo il passaggio a vuoto dello scorso anno contro la Serbia, causato da polemiche sterili tra due differenti organismi baschi. Molto belle entrambe le reti, segnate dal fantastico Bojan per la Catalunya e dal biancorosso Aritz Aduriz per la tricolor; da rivedere soprattutto l'azione del gol di Euskal Herria, con Aduriz che parte dalla propria area dopo un corner avversario e finisce in quella opposta a finalizzare uno strepitoso contropiede condotto da un Mendieta in gran forma e da Gabilondo, autore dell'assist. Unica nota negativa l'infortunio del portiere del Barcellona Jorquera, lesionatosi seriamente al ginocchio in maniera del tutto fortuita.

domenica 30 dicembre 2007

Torna la fanzine.

Innanzi tutto mi scuso con i lettori per la mia latitanza dicembrina, causata da impegni lavorativi che adesso sono finiti. Ho aggiornato il blog solo col rescoconto delle partite, tralasciando di parlare di importanti novità societarie e di scenari futuri che si prospettano assai grami. Pubblicità sulla maglia e abbandono della marca Athletic sono le ipotesi peggiori, che mi spingono a ritirare fuori l'immagine NO ALLA PUBBLICITA' con cui tante, troppe volte ho dovuto chiudere i post negli ultimi tempi, sperando che anche stavolta sia di buon auspicio. Per riprendere il filo del discorso posto questo bell'articolo di Simone, come sempre appassionato ma non per questo fazioso o impreciso. Buona lettura (nonostante l'argomento trattato...)!

E ALLA FINE PIRRO VINSE
di SIMONE BERTELEGNI
Nel 281 a.C. Pirro, re dell'Epiro, sbarcò in Italia con un possente esercito, forte anche di 19 elefanti da guerra, per aiutare la città greca di Taranto a respingere l'invasione romana e, verosimilmente, guadagnarsi "un posto al sole" nella Magna Grecia, su cui regnare. Due anni dopo, presso Ascoli Satriano, il re epiriota sconfisse sì i Romani, perdendo però in battaglia così tanti uomini che - secondo la tradizione - esclamò: "Un'altra vittoria così contro i Romani e sarò perduto". In effetti, nel 275 i Romani sconfissero l'esercito di Pirro, esausto dopo anni di battaglie in terra italica, presso il villaggio di Maleventum, immediatamente ribattezzato Beneventum, l'odierna Benevento. La vittoria del 279 ha regalato alla nostra lingua la frase "una vittoria di Pirro", a indicare un trionfo dal forte sapore di sconfitta.
Quel sapore l'ha assaggiato il "nostro" García Macua martedì 18 dicembre. Era la data dell'assemblea straordinaria fissata per approvare il bilancio preventivo dell'Athletic per il 2008, dopo la storica bocciatura dello scorso 25 ottobre.
Il nuovo piano finanziario proposto dalla dirigenza biancorossa non differisce più di tanto da quello bocciato; l'aumento delle quote annuali a carico dei soci scende al 13,67% (comunque 'na mazzata…) e si pongono i termini per rescindere consensualmente alcuni contratti furono-blindati (il solo "Txato" Núñez sarà risarcito per il suo licenziamento con 900mila euro, ma almeno la vicenda è chiusa e una simile uscita non avrà repliche). Macua ha promesso una migliore gestione della Marca Athletic e dei posti non occupati dai soci al San Mamés (e queste promesse, se avranno un riscontro pratico, sono positive), di non trasformare l'Athletic da Società sportiva senza fini di lucro a Società anonima sportiva e di non vendere nessun gioiello. Ha inoltre chiesto ai giocatori un gesto di buona volontà: la riduzione del loro stipendio, come accaduto sotto la presidenza Ugartetxe. Quest'ultimo aspetto ovviamente non è stato messa a bilancio, poiché non si sa che risposta daranno i giocatori. Va sottolineato inoltre che Macua ha aperto i lavori scusandosi per gli epiteti con cui aveva apostrofato i soci che il 25 ottobre scorso avevano votato no. I risultati delle votazioni spiegano il mio riferimento a Pirro. I sì sono stati 382 (50.5%), i no 337 (44,5%). Da non ignorare le 26 nulle e le 11 bianche. Insomma, la vittoria di Macua è monca, pirrica, oserei dire prodiana. L'assemblea dei soci delegati ha approvato il bilancio preventivo con numeri che ricordano la palude dell'attuale Senato italiano. I dirigenti hanno tirato un sospiro di sollievo, ma non possono ignorare la spaccatura nella tifoseria; soprattutto, non possono pensare di aver vita facile nelle future assemblee. La dirigenza è probabilmente stata aiutata da due fattori: l'aumento dei presenti-votanti rispetto al 25 ottobre e la paura dell'"esercizio provvisorio", ossia l'estensione al 2008 del vecchio bilancio, quello del 2007 elaborato dalla giunta Urkijo. Più che per salvare Macua, molta gente ha pensato di salvare l'Athletic e le sue casse.
Va da sé che una delle conseguenze della prevalenza dei sì è che la dirigenza potrebbe collocare pubblicità sulla maglietta dell'Athletic SUBITO. Lo farà? O eviterà, tirando a campare come l'attuale governo italiano, almeno fino alla presentazione del prossimo bilancio? Immagino che qualcosa si intuirà dalle dichiarazioni dei prossimi giorni. Forse, comunque, la scamperemo per qualche settimana, il tempo di capire se - che beffa sarebbe! - l'assemblea sarà annullata per il ricorso di alcuni soci impossibilitati a votare per essersi rifiutati di esibire il documento d'identità spagnolo.

venerdì 28 dicembre 2007

Convocazioni Euskal Herria-Catalunya.


La selezione basca prima della partita contro la Catalunya dello scorso anno al Nou Camp.

Questo sabato si giocherà al San Mamés, che già adesso si preannuncia esaurito, la più classica delle sfide tra non-nazionali, ovvero Euskal Herria vs. Catalunya. I selezionatori baschi Iribar ed Etxarri hanno diramato oggi le convocazioni, con l'Athletic squadra leader per numero di giocatori presenti:

Portieri:
Lafuente (Espanyol); Riesgo (Real Sociedad).
Difensori: López Rekarte (Almeria); Amorebieta, Del Horno, Iraola (Athletic Bilbao); Labaka, Mikel González (Real Sociedad).
Centrocampisti: Gabilondo, Orbaiz, Yeste (Athletic Bilbao); Mendieta (Middlesbrough); Aranburu, Xabi Prieto (Real Sociedad); Puñal (Osasuna); Sirieix (Toulouse).
Attaccanti: Etxeberria, Aduriz, F. Llorente (Athletic Bilbao); J. Llorente (Valladolid).

La Catalunya risponde convocando per la prima volta Bojan, la stellina del Barça che a 17 anni è già una delle più grandi promesse del calcio mondiale, e richiamando giocatori del calibro di Xavi e Puyol, assenti da alcuni stagioni nella partita annuale della Selecció. Accanto ai grandi calibri c'è poi un nome sconosciuto ai più: è quello di Josep Maria Soler, 32enne attaccante del Manresa (Terza Divisione), convocato dal selezionatore Pere Gratacós come riconoscimento alle grandi prestazioni della rappresentativa amatoriale della Catalogna nella Coppa delle Regioni UEFA, la massima competizione continentale del calcio dilettantistico.

La partita verrà trasmessa in diretta da TV3, televisione catalana, e spero che sia visibile anche tramite Rojadirecta.com.

martedì 25 dicembre 2007

17a giornata: Athletic 1-1 Murcia.


Koikili ribadisce in gol la respinta di Notario sul rigore di Orbaiz (foto As).

Athletic: Aranzubia; Expósito, A. Ocio, Amorebieta, Koikili; David López (87' Luis Prieto), Orbaiz, Yeste, Gabilondo (64' Susaeta); Etxeberria (59' Aduriz), Llorente.
Murcia: Notario; De Coz, Ochoa, Mejía, Peña; Abel (84' De Lucas), Movilla, Pablo García, Regueiro; Goitom (76' Iñigo), Baiano (88' Richi).
Reti: 47' pt Koikili, 53' Baiano (rig.).
Arbitro: Alvarez Izquierdo (Colegio Catalán).

La storia si ripete per l'Athletic di Caparros, che gioca ogni partita casalinga come se fosse intrappolato in una clessidra di pietra: il copione è sempre lo stesso e anche il risultato finisce sovente per non mutare di una virgola da un incontro ad un altro. Fermo restando che il tecnico di Utrera deve avere tutto il tempo che gli occorre per risollevare una squadra disastrata, cominciano a nascere dei dubbi sull'effettiva bontà di questa squadra, incapace di tenere un risultato che sia uno contro avversari del calibro di Depor, Betis, Almeria e Murcia e sconcertante nella proposizione di un gioco offensivo che esuli dalla ricerca ossessiva della boa centrale o dal classico contropiede.
Veniamo alla cronaca. Caparros ovviamente schiera i suoi col suo classico 4-4-2 in linea e cambia solo una pedina rispetto allo 0-0 di Maiorca: fuori lo squalificato Iraola, dentro il desaparecido Exposito; in casa Murcia torna in campo Regueiro, esterno ex Valencia, Abel passa a destra e davanti restano più o meno isolati Goitom e Baiano.
L'avvio è arrembante da parte dei padroni di casa, che comandano dal primo minuto le operazioni e si installano stabilmente nella trequarti dei murciani, da parte loro incapaci di mettere il naso fuori dalla propria metà campo a causa del pressing asfissiante e delle linee molto alte dell'Athletic; i baschi, guidati da uno Yeste in grande spolvero, macinano gioco e si fanno pericolosissimi al quarto d'ora, quando un bel cross di Gabilondo pesca Llorente libero sul secondo palo: il riojano colpisce in diagonale per prendere in controtempo Notario, a mio avviso comunque in ritardo, ma l'urlo dei tifosi biancorossi viene cacciato in gola dalla beffarda respinta del palo. Sfortuna, certo, tuttavia resto convinto che Nando avrebbe potuto appoggiare comodamente in rete invece di cercare il gol di fino come ha voluto fare... Sembrano le prove generali del vantaggio, invece i Leoni si sgonfiano, perdendo aggressività e lasciandosi irretire dalla tattica ultra-difensivista del Murcia, che saggiamente lascia il pallone agli avversari e si limita ad occupare gli spazi, ben conoscendo la fatica che fanno i bilbaini quando si trovano contro una squadra schierata a difesa della propria porta. Yeste perde smalto, le fasce non girano e allora l'unico schema dell'Athletic diventa la palla lunga a cercare Llorente, che lotta come un disperato ma più di qualche fallo da posizioni interessanti non può ottenere. Proprio da un calcio di punizione dal limite, però, nasce il gol del vantaggio: Yeste calcia, Movilla respinge (col braccio? Le immagini non aiutano a capirlo) e il direttore di gara fischia il rigore. Orbaiz, evidentemente in vena di regali, sciupa calciando debolmente, fortuna vuole che il pallone resti in zona e che Koikili sia il primo ad avventarvisi: sinistro facile facile e primo gol in Primera per il nostro Koi, uno dei giocatori più amati dalla tifoseria (e soprattutto da me, come saprà chi legge assiduamente il blog), che festeggia nel migliore dei modi il suo ventisettesimo compleanno. Si va dunque al riposo con l'Athletic non proprio meritatamente in vantaggio e con la speranza di riuscire, per una volta, a condurre in porto il match.
La ripresa smentisce quasi subito i più ottimisti, e dopo un bel numero di Llorente (grande aggancio in area e sombrero su Ochoa vanificati dall'intervento di Peña) il Murcia pareggia. La squadra di Alcaraz beneficia al 52' di un rigore più che dubbio fischiato dall'arbitro per un leggerissimo contatto tra Aitor Ocio e Abel, peraltro avvenuto con la palla che stava ricadendo a campanile fuori dall'area, e Baiano non si fa pregare per realizzare l'1-1. Ci si attenderebbe la reazione rabbiosa dei baschi e invece sono gli ospiti a fare la partita da qui in poi: l'Athletic, come spesso è accaduto quest'anno, sembra rimasto negli spogliatoi e il Murcia spadroneggia sul terreno del San Mamés. I Leoni si sfilacciano in maniera più che visibile, la difesa viene lasciata scoperta da un centrocampo troppo leggero in mezzo e per gli avversari è fin troppo facile arrivare alla conclusione, sia attraverso il gioco sulle fasce che tramite degli sfondamenti centrali. Biancorossi vicinissimi alla capitolazione al 62' (pallonetto sulla traversa di Baiano dopo un'uscita fuori area di Aranzubia), al 67' (miracolo di Dani su colpo di testa da 3 metri di Regueiro) e al 68' (colpo di testa di Ochoa fuori di un niente), ma la buona stella dei baschi fa sì che il pallone non entri. Caparros prova a ridare un senso alla partita dei suoi con Aduriz e Susaeta, ma la sofferenza a centrocampo e gli scarsi rifornimenti offensivi permangono. La mossa giusta la fa Alcaraz, che toglie un Goitom impalpabile e mette dentro il basco Iñigo, bravo ad entrare subito in partita; l'ex attaccante dell'Eibar sfiora la rete con un destro a girare e provoca all'85' l'espulsione di Ocio, che lo stende sulla fascia entrando in palese ritardo. Baiano si trova sulla testa dopo tre minuti il pallone della vittoria, ma ancora una volta perdona l'Athletic spedendolo incredibilmente alto da pochi metri... Quando l'arbitro fischia la fine il San Mamés prima tira un sospiro di sollievo, quindi sommerge di fischi i biancorossi, ancora una volta impresentabili dopo un primo tempo giocato meglio dei loro avversari.
Questi cali di concentrazione, uniti all'ormai atavica incapacità di fare gioco quando a chiudersi sono gli altri, rappresentano il più grande dilemma dell'Athletic di Caparros: la prima volta passi, la seconda pure, ma la quarta o quinta rimonta subita in casa contro avversari di spessore limitato è inammisibile. Speriamo che la pausa natalizia serva a tecnico e giocatori per riflettere su queste gravi lacune che stanno impedendo alla squadra di compiere quel salto di qualità definitivo che stiamo aspettando da ormai troppo tempo.

I migliori e i peggiori nell'Athletic: copertina d'obbligo per Koikili, piccolo grande uomo, che si toglie la soddisfazione di realizzare la prima rete in Primera proprio nel giorno del suo compleanno; nel contesto di una partita scialba, una delle poche note liete è il prosieguo della favola di questo ragazzo, sempre più sorpresa di questa Liga. Si conferma Llorente, che lotta con profitto nella morsa dei due centrali del Murcia ed è senza dubbio l'attaccante più pericoloso dei biancorossi (certo che quel palo...). Aranzubia salva tutto con la paratona su Regueiro, Gabilondo non meritava la sostituzione, anzi.
Continua stabilmente ad albergare tra i peggiori David Lopez, inesistente sulla destra: non salta l'uomo, non crossa, rallenta l'azione ed è insomma ancora un corpo estraneo in questa squadra, lontano parente dell'ottimo cursore visto l'anno scorso a Pamplona; ho azzardato per lui un paragone (scherzoso, ma non troppo) con Arturo Igoroin "Sivori", pagato anni fa fior di pesetas dall'Athletic e rivelatosi un "pacco" micidiale...è sicuramente prematuro bocciare il riojano, ma è indubbio che lui debba darsi una svegliata. Dopo alcune grandi prestazioni Etxebe sembra a secco di benzina: urge un cambio con Aduriz. Si spenge dopo venti minuti positivi Yeste, malinconicamente lontano dalla sua zona di campo prediletta, mentre Exposito dà ragione a chi ne aveva accolto la presenza tra i titolari con sospetto: in 90 minuti non riesce ad alzare un pallone che sia uno, vederlo giocare con la maglia biancorossa è deprimente.

martedì 11 dicembre 2007

15a giornata: Athletic 0-1 Real Madrid.

Athletic Club: Aranzubia; Ustaritz (40' Orbaiz), A. Ocio, Amorebieta, Koikili; Iraola, J. Martínez (59' Aduriz), Yeste, D. López; Etxeberria (67' Gabilondo), Llorente.
Real Madrid: Casillas; Ramos, Pepe, Cannavaro, Torres; Sneijder (74' Gago), Diarra, Baptista, Robinho (88' Robben); Raúl, Van Nistelrooy (82' Guti).
Reti: 55' Van Nistelrooy.
Arbitro: Medina Cantalejo (Colegio Andaluz).

C'è poco da fare: nel calcio moderno, così equilibrato e in cui ogni partita nasconde delle insidie, spesso vince chi ha i fuoriclasse dalla sua. Tra i tanti campioni che giocano nel Real Madrid, ci sono un centravanti che spesso mette dentro il primo pallone pulito che tocca e un portiere inferiore solo all'inarrivabile Buffon, e una loro serata di grazia basta e avanza a spiegare il motivo per cui una partita giocata più o meno alla pari, con occasioni da una parte e dall'altra, alla fine sia terminata con la vittoria di una delle due contendenti. Pazienza, l'Athletic è uscito comunque a testa altissima dall'ennesimo confronto coi suoi rivali storici e può ben dire di aver finalmente intrapreso la giusta strada per risalire la china dopo due stagioni disastrose.
Caparros decide di adattarsi all'avversario e cambia diverse pedine rispetto all'impresa di Valencia, proponendo Ustaritz a destra con l'evidente compito di controllare Robinho, Iraola avanzato sulla linea di centrocampo e Javi Martinez al posto di Orbaiz; confermati Llorente al fianco di Etxebe in attacco e Yeste nel nuovo ruolo di regista centrale. Schuster risponde con Baptista e Sneijder ancora titolari e la rodata coppia offensiva Raul-Van Nistelrooy, capace di mettere in crisi qualsiasi difesa. L'inizio è molto promettente per i biancorossi, già al tiro con Javi Martinez dopo 4 minuti; l'atmosfera eccezionale del San Mamés, il cui ruggito è ben udibile perfino via web sopra le voci dei cronisti, sembra caricare i Leoni, che pressano molto alto i portatori di palla del Real e paiono voler aggredire l'avversario più che aspettarlo per poi ripartire come domenica scorsa. I padroni di casa hanno anche una ghiottissima palla-gol che capita sul destro di Iraola, servito da un retropassaggio di testa di Cannavaro che definire ridicolo è poco, ma a tu per tu con Casillas il nostro Andoni si smarrisce e conclude sul portiere. Gli ospiti, inizialmente un po' molli, fanno capire di cosa sono capaci al minuto 11, quando giungono per due volte alla conclusione senza che la palla abbandoni i dintorni della porta biancorossa, salvata con prontezza di riflessi da un Aranzubia reattivo. Quando i blancos guadagnano metri danno sempre l'impressione di poter far male, grazie alla loro capacità di scambiarsi il pallone in spazi ristretti e di fare a fettine le difese altrui coi movimenti perfetti degli attaccanti, tuttavia l'Athletic, pur arretrando, tiene bene il campo e dimostra di aver appreso con profitto le lezioni difensive di Caparros. I Leoni lasciano il possesso palla agli avversari proprio come contro il Valencia, presidiano le zone di campo in cui staziona il pallone con grande applicazione e rapidi raddoppi e non aspettano altro che di recuperarlo per lanciarsi in contropiede sfruttando la velocità di Etxebe e degli esterni oppure il lancio in verticale per Llorente. Esemplare l'azione che porta alla miglior occasione bilbaina del primo tempo: palla lunga verso Nando, spizzata dietro per Etxebe che allarga a sinistra su Koikili, il cross del terzino è immediato e pesca ancora Llorente, bravo a girare subito di testa. I tifosi stanno già per esultare ma hanno fatto i conti senza Casillas, a dir poco prodigioso nello sradicare dalla propria porta il bel cabezazo di Nando. Passato il pericolo, il Real ricomincia a macinare gioco grazie alla superiorità numerica in mediana, zona nella quale Yeste stenta a carburare, e cerca sovente Robinho, ispirato e attivo nonostante la marcatura di Ustaritz, a dire il vero non esattamente efficace; la pressione merengue è continua ma non produce granché, eccezion fatta per un tiro fuori di poco di Ramos (uguagliato da una conclusione appena alta di David Lopez dopo un paio di minuti) e un gol annullato allo stesso terzino destro per una netta posizione di fuorigioco, anche se nell'occasione bisogna sottolineare l'incertezza in uscita, l'ennesima, di Aranzubia. Prima del termine del primo tempo Ustaritz esce per infortunio e Caparros ridisegna la squadra, riportando Iraola nella sua posizione preidiletta di fluidificante e schierando un centrocampo composto da due mediani, Javi Martinez e il neo-entrato Orbaiz, e tre mezzepunte (David Lopez-Yeste-Etxebe) a supporto di Llorente.
Al rientro in campo dopo l'intervallo le cose non mutano, tuttavia a spezzare l'equilibrio arriva il gol di Ruud Van Nistelrooy, che approfitta di un errore in disimpegno di Aitor Ocio, pressato da un generosissimo Raul, si invola e batte Aranzubia con un destro potente ma centrale, che coglie purtroppo impreparato il nostro numero 13. La partita si fa in salita per l'Athletic, che deve giocoforza alzare il baricentro (Caparros inserisce subito Aduriz per Javi Martinez) e si espone così alle terribili folate offensive delle merengues, vicinissime al raddoppio al 68' ancora col suo ariete olandese, splendido nel saltare in dribbling Aranzubia dopo un invito di tacco di Raul ma anticipato al momento del tocco a porta vuota da un recupero di Koikili degno di un centometrista. Il Real, libero di giocare nelle voragini che si aprono sul terreno di gioco per il generoso tentativo di rimonta biancorossa, difetta di cattiveria e di fortuna negli ultimi metri: prima Robinho coglie il palo dopo un doppio passo stile Pro Evolution Soccer su Amorebieta, quindi Baptista, molto positivo, sfiora l'incrocio dei pali su punizione. In mezzo a queste due ghiottissime occasioni c'è l'unica palla del pareggio creata dai Leoni dopo il gol di Van Nistelrooy, purtroppo i madrileni hanno Casillas in porta e il diagonale di Llorente, destinato ad insaccarsi senza scampo, viene deviato dal numero 1 della Spagna di quel tanto che basta per finire fuori dopo aver fatto la barba al palo. Schuster decide di non rischiare nulla negli ultimi minuti ed inserisce Guti per tenere palla e addormentare la gara, operazione che riesce perfettamente visto che l'Athletic non si avvicina più alla porta avversaria fino al fischio finale.
Resta un grande amaro in bocca ai tifosi biancorossi: il pari sarebbe stato il risultato più giusto, un tempo e un punto per uno e tutti a casa felici e contenti. Il dio del calcio non ha voluto questa equa ripartizione della posta in palio e ha dato il suo favore al Real, tuttavia, come dicevo all'inizio, i Leoni sono usciti dal confronto a testa alta. Erano già due anni che i madridisti maramaldeggiavano a Bilbao, mentre stavolta hanno dovuto sudare le proverbiali sette camicie per venire a capo di una sfida difficile e molto intensa. L'Athletic ha dato ancora una volta l'idea di essere quasi uscito dal brutto tunnel in cui è precipitato dalla fine della brevissima era Mendilibar e di questo non possiamo che gioire. Certo, mancano ancora diversi gradini da salire per poter rivaleggiare per un posto al sole in classifica, però i progressi che questa squadra evidenzia di partita in partita sono evidenti e fanno ben sperare per il futuro. La rosa è giovane e ha ampi margini di miglioramento, l'allenatore c'è e finalmente si vede un'idea di gioco, un'organizzazione di squadra, qualcosa di pensato e provato insomma. L'improvvisazione non abita più qui, e questo è senza dubbio un passo avanti notevole.

I migliori e i peggiori nell'Athletic: la copertina va a Koikili, sempre più sorprendente, sempre più anima operaia di questa squadra. Leggevo qualche giorno fa su As che Koi in gioventù è stato campione spagnolo di lotta, e forse è da questa antica e nobile disciplina che deriva il suo modo di giocare: generosissimo, agonisticamente feroce ma mai cattivo, difende con ordine ed è sempre pronto a salire per proporre quei cross tagliati che il suo buon mancino gli permette. Caparros continua a preferirlo a Del Horno e per ora non gli si può dare per niente torto. Llorente si conferma dopo la grande prova del Mestalla; il numero 9 dà battaglia su ogni pallone proveniente dalla retrovie ed è anche l'uomo più pericoloso tra i biancorossi: solo un Casillas formato Batman gli strozza per due volte in gola l'urlo del gol. Bene Amorebieta al centro della difesa, Iraola è diligente come suo solito.
Dispiace inserirlo per la terza volta nella lista dei peggiori, ma Aranzubia non può non scontare l'errore gravissimo sul gol di Van Nistelrooy. Il tiro di Ruud è una sassata, certo, ma il goffo intervento di Dani non è il modo migliore per replicare a una conclusione del genere...peccato, perchè nel primo tempo il riojano aveva sventato diverse occasioni e sembrava avviato ad una serata da protagonista in positivo. Brutta, molto brutta la palla persa da Aito Ocio che dà il via all'azione del gol madridista: è il secondo errore decisivo per l'ex Siviglia dopo il comico autogol del Montjuic, speriamo che con quello di ieri la serie sia terminata, almeno per il momento. Partita anonima di David Lopez sulla sinistra, mentre non si capisce se quello entrato al posto di Javi Martinez sia Aduriz oppure il cugino scarso. Passo indietro di Yeste nel suo processo di adattamento alla posizione di pivote: il centrocampo merengue lo stritola e Fran perde la bussola, non riuscendo più ad azzeccare una giocata neppure quando torna nell'originaria posizione di trequartista.

mercoledì 5 dicembre 2007

14a giornata: Valencia 0-3 Athletic.

Valencia: Cañizares; Miguel, Albiol, Marchena, Moretti; Joaquín, Fernandes (62' Vicente), Edu (70' Albelda), Silva; Morientes (61' Zigic), Villa.
Athletic: Aranzubia; Iraola, Ustaritz, Amorebieta, Koikili; D. López, Orbaiz (53' Javi Martínez), Yeste (76' Garmendia), Gabilondo (68' Murillo); Etxeberria, Llorente.
Reti: 32' Yeste, 61' e 91' Llorente.
Arbitro: Ontanaya López (Colegio castellano-manchego).

Nel 1988 il Muro di Berlino era ancora in piedi, Reagan e Gorbaciov parlavano di disarmo nucleare e l'Athletic ricordava ancora nitidamente il suo ultimo titolo liguero, conquistato appena quattro stagioni prima con Clemente in panchina. Nel 1988 Francisco Javier Yeste aveva 11 anni e probabilmente incantava le platee formate dai genitori dei suoi compagni di squadra, mentre Nando Llorente di anni ne aveva tre e col pallone ci giocava soprattutto con le mani. Il 3 gennaio del 1988 i Leoni battevano per l'ultima volta il Valencia in trasferta grazie ai gol di Uralde e Patxi Ferreira...per l'ultima volta prima di domenica, quando le reti proprio di Yeste e Llorente hanno permesso di espugnare il Mestalla ponendo fine a un digiuno lungo 20 anni. Dopo il triplice fischio, Caparros ha parlato di partita già entrata nella storia: come dargli torto? Jokin si merita un applauso a scena aperta per aver preparato, gestito e vinto senza appelli un match storicamente avverso ai colori biancorossi; ma queste, si sa, sono le gare predilette dal tecnico di Utrera, che può mostrare tutta la sua perizia nell'organizzazione difensiva e nell'impostazione del contropiede contro avversari che sono costretti a tenere in mano il pallino del gioco.
L'allenatore dei bilbaini conferma l'undici reduce dal 2-2 casalingo col Depor, dunque spazio ad un 4-4-2 con Yeste e Orbaiz a centrocampo, David Lopez a destra e Llorente confermato al fianco di Etxeberria; Koeman risponde con un atteggiamento tattico speculare, la novità consiste nell'assenza di Albelda in mediana dove giostra l'inedita coppia Edu-Manuel Fernandes. L'inizio dei padroni di casa è buono e dopo soli tre minuti a Silva capita la palla dell'1-0 , ma il talentino ché apre troppo il tocco sull'uscita di Aranzubia e manda fuori. Sembra l'inizio della fine, invece da lì in avanti per l'Athletic sarà un crescendo rossiniano. I biancorossi giocano con applicazione e intelligenza tattica straordinarie, e il modo in cui lo fanno è un vero spettacolo per gli amanti dell'organizzazione calcistica: squadra corta, pressing asfissiante non appena gli avversari passano la linea mediana, sincronia perfetta nel movimento dei reparti, grande sacrificio da parte di tutti, attaccanti in primis, nella fase di non possesso, raddoppi immediati, ottima copertura della propria metà campo...insomma, una prestazione da manuale del calcio difensivo. La manovra d’attacco dei Leoni si basa sui lanci lunghi per Llorente, che doma un'infinità di palloni provenienti dai dietro e fa spesso salire i compagni appoggiando poi sulle fasce, e sui rapidi contropiede innestati dall'asse Yeste-Etxeberria. Proprio il Gallo è il primo ad andare pericolosamente al tiro al 20', imitato pochi minuti più tardi da un attivo Gabilondo: Cañizares c'è in entrambi i casi. Il portiere del Valencia, tuttavia, non può davvero nulla sulla punizione di Yeste al 32', un sinistro forte e telecomandato che si insacca all'incrocio dei pali sul lato della barriera; è il primo gol stagionale per Fran, il cui rientro in prima squadra si è fatto sentire, eccome. Gli uomini di Koeman accusano il colpo e iniziano a spingere con intensità tra la fine del primo tempo e i primi 10 minuti della ripresa, dominando nel possesso palla (volutamente lasciato loro dall'Athletic) senza però mettere insieme palle gol pulite. Aranzubia resta praticamente inoperoso, buon per lui che la coppia di centrali Amorebieta-Ustaritz non lasci passare nemmeno uno spillo e che sulle fasce i continui raddoppi inibiscano l'azione di Joaquin e Silva. Se la spinta dei levantini produce poco davanti a Dani, ha comunque l'effetto di aprire spazi larghissimi per le ripartenze basche. Al 60' Etxeberria, molto frizzante, scappa sulla sinistra, chiede e ottiene l'uno-due ma cicca il tiro in area; nemmeno il tempo di imprecare che Iraola ruba palla a centrocampo e premia il movimento di David Lopez sul vertice destro dell'area: il cross del riojano sul secondo palo trova Llorente libero come Michael Scofield fuori da Fox River (chi non capisce la citazione si guardi Prison Break) e l'incornata di Nando è il degno epilogo di una splendida azione. 0-2 al 61', Mestalla annichilito, Valencia di più. Koeman prova a giocarsi il tutto per tutto con i centimetri di Zigic e la classe di Vicente, Caparros risponde con cambi accorti nella zona di centrocampo e la squadra non sembra soffrire più di tanto. Il "guaje" Villa, l'ultimo ad arrendersi, e Joaquin creano un paio di azioni pericolose, ma Aranzubia mette una pezza sulla conclusione dell'asturiano e il resto lo fa l'imprecisione al tiro dell’ex stella del Betis. Nel recupero arriva un'altra bastonata per il Valencia, che paga un'uscita avventurosa di Cañizares con il 3-0 realizzato ancora da Llorente, ai suoi primi gol ligueri della stagione. Al triplice fischio dell'ottimo esordiente Ontanaya López si scatena la pañolada dei tifosi del Valencia, mentre per i sostenitori dell'Athletic c'è da festeggiare una vittoria eccezionale su uno dei campi più indigesti degli ultimi anni. Certo, il Valencia allo sbando di questo periodo è distante anni luce dalla squadra scintillante di Benitez, Cuper e perfino Ranieri n°1, ma i biancorossi la scorsa stagione non ne avrebbero saputo approfittare, anzi...nelle ultime due annate, la squadra bilbaina fungeva spesso da panacea dei mali altrui, prodiga com'era nel regalare punti a destra e a manca; adesso, al contrario, gli zurigorri sono cinici, determinati e danno l'idea di non fare mai ponti d'oro agli avversari. Se Caparros riuscirà ad eliminare i problemi nella gestione del risultato e nello sviluppo del gioco offensivo contro avversarie che non attaccano a testa bassa, probabilmente ci sarà da divertirsi.

I migliori e i peggiori nell'Athletic: il Mestalla è un campo che porta bene a Fernando Llorente. L'anno scorso il numero 9 vi siglò il gol del pari al 90', stavolta fa ancora meglio realizzando la sua prima doppietta da quando gioca nella Liga; oltre ai gol, però, bisogna sottolineare la grande prestazione da boa di Nando, che di testa è insuperabile, lotta senza paura in mezzo ai centrali avversari ed è bravissimo a smistare un'infinità di palloni ai compagni che accorrono da dietro. Dopo la buona prova contro il Depor, la conferma a Valencia: il prossimo esame si chiama Real Madrid. Strepitosi Gabilondo e David Lopez, utili come non mai nel raddoppio costante sulle ali levantine e sempre rapidi nel far ripartire l'azione; Igor è continuo nelle due fasi (sorprendete il suo rendimento finora se paragonato a quello dell'anno scorso), David è più altalenante ma ha il merito di servire un pallone d'oro a Llorente per il 2-0. Da promuovere in blocco tutta la linea difensiva: sempre attenti Amorebieta e Ustaritz, che formano una coppia perfetta (il primo è fortissimo sulle palle alte e rognoso in marcatura, il secondo gioca molto in anticipo e sa dare i tempi giusti al reparto), Iraola è instancabile e preciso, Koikili continua ad impressionare per furore agonistico e applicazione totale agli schemi di Caparros. Etxeberria è sgusciante come ai bei tempi, Yeste è semplicemente unico: gioca con un'umiltà straordinaria, si sacrifica moltissimo e riesce pure a piazzare una zampata d'autore con la punizione dell'1-0.
Detto che nell'Athletic non gioca male nessuno, Aranzubia è un po' incerto ma si riscatta negando a Villa il 2-1 che avrebbe aperto le porte all'arrembaggio finale del Valencia. Orbaiz non è molto appariscente, fare il mediano di puro contenimento non è proprio il suo ruolo ideale.

domenica 2 dicembre 2007

sabato, 01 dicembre 2007

Altri due articoli della nostra fanzine online.

FIGLI DI BIZKAYA
di TXEMI GUERRA

Ciao ragazzi.
Chissà se vi ricordate di quel post che scrissi parlando della cantera dell'ATHLETIC, che si riferiva in particolare a mio nipote JOSUTXU e a migliaia di bambini baschi che cominciavano i primi allenamenti di calcio nei rispettivi club delle città e paesini di tutta Bizkaya. Avevo posto l'accento sul fatto che i bambini di tutta Bizkaya, praticamente nelle sua totalità, sono autentici tifosi e tutti si allenano con la maglietta zurigorri rendendo omaggio, ma anche come desiderio, intenzione di poter essere un giocatore dell'ATHLETIC.
Sapete che i giocatori quando si ritirano dal club, mostrano una enorme tristezza e si emozionano a tal punto che è impossibile trattenere le lacrime o esprimere pubblicamente sentimenti come, per fare un esempio, le parole di JAVI GONZALEZ " essere un giocatore dell'ATHLETIC è la cosa più bella che mi sia capitato nella vita " o quelle di JOSU URRUTIA, che quando gli dissero che avevano intenzione fi omaggiarlo con una partita lui rispose " L'omaggio dovrei farlo io all'ATHLETIC, che mi ha dato la possibilità di giocare per la squadra della mia terra". Suppongo che tutti abbiate visto le immagini dell'emozione di JULEN GUERRERO il giorno del suo ritiro, cosa che gli impedi di terminare il discorso che aveva preparato.
Detto questo, mio nipote per mio nipote non sarà differente, sta lavorando duramente per poter un giorno entrare nel Club e poter aspirare a essere uno dei giocatori che ho citato, e questo ci da la tranquillità perchè come lui ci sono migliaia di bambini in Bizkaya che stanno lavorando allo stesso modo, spinti anche dai loro genitori che gli inculcano i valori e la filosofia del nostro amato ATHLETIC, perchè sappiano che un giocare nell'ATHLETIC non è una maniera per fare soldi avere fama e vincere trofei, ma è un privilegio perchè hanno la possibilità di difendere i colori di un Club, di una terra e di un popolo : più che giocatori saranno i nostri rappresentanti.
Basandomi sull'esperienza dei miei genitori, sulla mia, che è quella che inculchiamo a nostri figli, personalmente credo che la filosofia dell'ATHLETIC è la seguente :

CLUB VASCO, PROPIEDAD DE SUS SOCIOS Y AFICIONADOS, JUGADORES VASCOS O DE LA CANTERA VASCA, INDUMENTARIA SIN PUBLICIDAD COMERCIAL Y CAMPO PROPIO EXCLUSIVAMENTE PARA JUGAR AL FÚTBOL.

Per concludere, vi ringrazio per la vostra attenzione, e vi informo che JOSU GOIRIGOLZARRI ( mio nipote, e protagonista indiretto delle mie riflessioni dell'Athletic ) è l'attuale "Pichici" del torneo che disputa con la sua squadra, il Berango, avendo segnato 10 gol in 3 partite, con una media impressionante di 3,3 gol a partita.
Immaginatevi come "stiamo" in famiglia.
Aupa Athletic!!!

Il pezzo che segue è mio, perdonate l'immodestia!


UNA GITA ALLA "CATEDRAL"

di EDOARDO MOLINELLI

Ciò che colpisce di più non è il verde intenso del terreno di gioco, un manto erboso perfetto, senza difetto alcuno, che sembra messo lì dal dio del calcio in persona per consentire ai giocatori di esprimersi al meglio delle loro capacità. Non è neppure l'arco, un elemento talmente ardito e famoso da poter essere inserito di diritto nella galleria delle bellezze architettoniche di Bilbao, insieme al Ponte dell'Ayuntamiento, al Guggenheim e ai celeberrimi ingressi della Metro. Quello che rimane impresso del San Mamés, la Cattedrale, sono le vibrazioni: intense, lunghe oppure brevissime, percorrono i gradoni dello stadio come se fossero un'avvisaglia di un terremoto, mentre sono solo l'espressione fisica dei ruggiti del pubblico. Ad ogni azione segue un'esclamazione collettiva, e ad ognuna di esse si accompagna il tremito del cemento, che ti entra nelle ossa e le scuote, le sbatacchia, le trasporta dentro l'oceano biancorosso che domina sulle gradinate. Andare a vedere una partita al San Mamés non è un passatempo, è un'esperienza mistica. L'aria che si respira già all'esterno dell'impianto ha qualcosa di irreale, di magico, come se provenisse dalle nebbie di un passato in cui gli idoli da tifare si chiamavano Pichichi, Zuazo, Belauste e che non se n'è mai andato del tutto, ma che anzi ancora vive nei dintorni della Cattedrale e le conferisce quell'aura di sacralità che non si respira in nessun altro stadio del mondo. La leggenda si alimenta di sé stessa nella casa dei Leoni, sopravvive e si tramanda di padre in figlio, dando alla gente di questa città l'illusione di poter tornare, un giorno, a vincere, o per lo meno rendendola fierissima di tifare per un club così grande e così unico, un club senza uguali nella storia del football. Il popolo dell'Athletic inizia ad invadere le strade intorno allo stadio molto tempo prima che la partita abbia inizio, e come la marea che sale lenta ma inesorabile finisce per riempire ogni spazio con i suoi colori e il suo sano casino. Camminare in mezzo ai tifosi è la prima forte esperienza che travolge il visitatore, poco abituato ad uno spettacolo così ridente e gioioso nei pressi di un impianto di calcio; la folla è rumorosa e allegra, i cori si alzano coinvolgendo un po' tutti, insomma il caos è organizzato e prepara perfettamente a ciò che avverrà di lì a un'ora. Dopo aver camminato a lungo in mezzo ad una folla vestita di bianco e rosso, si entra finalmente nella Cattedrale, si percorrono le scale verso le gradinate ed ecco apparire d'improvviso il terreno di gioco, un lampo di verde nel grigio del cemento armato. Il campo è lì, vicinissimo, e alzi la mano chi è stato al San Mamés e non ha desiderato nemmeno per un attimo di poter scavalcare i cartelloni e fare un paio di tiri su quell'erba spettacolare, portandone magari con sé un ciuffo per ricordo. Io, abituato a vedere le partite domenicali al "Lungobisenzio" di Prato, la prima volta quasi non mi capacitavo di quanto il pubblico fosse vicino al terreno, ai giocatori, ai gol…una sensazione bellissima, nuova, di totale libertà vista l'assenza di barriere. E poi, la partita. Impossibile non esaltarsi come pazzi totali di fronte allo spettacolo dei cori che partono spontaneamente da ogni angolo dello stadio, dei boati che accompagnano ogni azione offensiva dei Leoni, dei colori delle curve, senza ovviamente dimenticare il variegato e allegrissimo popolo biancorosso. Uno spettacolo nello spettacolo, senza ombra di dubbio. L'adrenalina scorre a fiumi non solo in campo, ma anche sulle tribune…si salta, si urla, si canta, ci s'incazza, si gioisce, si abbraccia gente sconosciuta e si diventa amici di tutti in pochi secondi. La sensazione è quella di far parte di una grande e benevola famiglia, di avere nei 40.000 presenti altrettanti fratelli e sorelle. Gli aneddoti che avrei da raccontare sulle due partite che ho visto alla Catedral sono innumerevoli: dal vicino di posto con cui ho parlato della classifica dell'Athletic in chissà quale lingua al tizio sopra di noi che ha tentato per un tempo intero di offrire una birra a Nello, dall'abbraccio collettivo dopo il 3-2 al Mandril di Del Horno alla spogliarello che ho improvvisato a fine match perché, sprovvisto di sciarpa, volevo comunque innalzare qualcosa di biancorosso e non mi restava che la maglia…e poi i cori per Julen, quelli nel prepartita sulla moglie di Zidane, la bellissima atmosfera di un derby con la Real vissuto in Preferencia Sur, e chissà quanti altri ne dimentico. Insomma, non ci sono parole per descrivere cosa significhi una partita al San Mamés. Se poi, una volta usciti, vi capita la fortuna di incrociare un vostro idolo e di farci pure un paio di foto insieme, prima che lui se ne torni a casa a piedi (!), beh, cosa volete di più dalla vita? Non perdete tempo, la Cattedrale vi aspetta!

Cenni storici
Il San Mamés, opera dell'architetto basco Manuel María Smith Ibarra, è il più antico stadio spagnolo. La prima pietra dell'impianto bilbaino venne posata il 20 gennaio del 1913 e nell'agosto di quello stesso anno, più precisamente il 21, fu disputata la prima gara all'interno della Catedral, avversario il Racing Irun. Seve Zuazo ebbe l'onore del calcio d'inizio, mentre il primo gol ufficiale al San Mamés venne realizzato da Rafael Moreno Aranzadi "Pichici", e chi oltre a lui avrebbe potuto farlo? Inizialmente capace di contenere 3.500 persone, lo stadio venne ampliato più volte (leggendaria la costruzione di un'intera tribuna coi soldi ricevuti dal Barcellona per la cessione di Jesus Garay, nel 1960) fino a raggiungere la capienza attuale di 40.000 posti a sedere, tutti al riparo delle intemperie grazie ai numerosi interventi di copertura eseguiti nel corso degli anni. Il famoso arco della tribuna centrale, uno dei simboli della città di Bilbao, venne costruito nel 1952. Risale al 1982, anno dei Mondiali in Spagna, l'ultima grande ristrutturazione del San Mamés, mentre nel 1997 è stata tolta la caratteristica recinzione che separava il campo dalle gradinate e su cui migliaia di volte i tifosi si sono arrampicati per festeggiare un gol o accendere una torcia a inizio partita. In quello stesso anno sono stati eliminati i 10.000 posti in piedi per ottenere l'omologazione secondo le normative FIFA.
Il nome dello stadio viene dal vicino asilo di San Mamés, sul cui terreno sorge l'impianto. Tra l'altro, il soprannome di Leones attribuito ai giocatori biancorossi deriva proprio dallo stesso santo (San Mamante in italiano), che l'iconografia cristiana rappresenta come un fanciullo circondato da dei leoni: da qui l'associazione coi calciatori dell'Athletic che, in effetti, ronzano sempre intorno al santo!

Concludo con la rubrica di Igor sui precedenti tra Valencia e Athletic al "Mestalla".

VALENCIA - ATHLETIC, LE STATISTICHE
di IGOR

Si compiono ora vent'anni dell'ultima vittoria dell'Athletic al Mestalla. L'anno 1988 cominciava per i zurigorriak con vittoria nella città del Túria, quando due gol (di Ferreira e Uralde) lasciavano senza valore la rete di Madjer. Da allora i nostri non sono mai più stati in grado di vincere (si badi che in quella stagione 87/88 il Valencia tornava in A dopo un anno, l'ultimo della sua storia, passato in B). Risulta molto curioso, d'altronde, osservare come la disastrosa traiettoria seguita dall'Athletic a Valencia rispecchi quasi in modo uguale quella della squadra ché a Bilbao. Mentre delle 72 partite giocate a casa loro se ne sono perse ben 43 (!), per 19 pareggi e dieci vittorie - 148 gol contro e 72 a favore, un misero gol a partita - loro, al San Mamés, non hanno fatto molto meglio: 44 sconfitte, 15 pareggi e 13 vittorie, per 160 gol contro e 89 reti a favore. Non so se si è già capito che tutto questo non è altro che un espediente per guadagnare tempo prima di dirvi che ci ritroviamo davanti a una delle trasferte peggiori (se non la peggiore) di tutta la stagione. Il Mestalla è un campo dove, come vedete, l'Athletic ha patito sempre molto nella sua lunga e gloriosa storia. Ovviamente guardare i dati della storia dello scudetto a tre punti (la Liga de Bosman, preferirei chiamarla) sono ancora più orripilanti: nove sconfitte, quattro pareggi (di cui tre negli ultimi tre anni) e nessuna, ripeto NESSUNA vittoria. Abbiamo segnato 13 gol (siamo conservatori, ci piace mantenere la tradizione del gol per partita), mentre ci hanno rifilato la bellezza di 32 reti. quattro punti di 39 possibili. Non male. Partita in diretta su Sky, il che significa che giochiamo quando gli altri si fanno la doccia, fatto che ci permette di sapere a quanta distanza della retrocessione ci lasceranno la logica sconfitta o il miracoloso pareggio. La vittoria, be', quella, al Mestalla, non esiste, quindi datevi pace, non soffrite, pregate perché perdano Betis, Recre e Levante, e prepariamoci a ricevere come si deve il Real Madrid, cercando, lì si, una vittoria (la prima) di prestigio in questa volgare stagione.