giovedì 26 maggio 2011

Presentato Ander Herrera.


Ander Herrera con la sua nuova maglia (foto Athletic-club.net).

Il campionato si è chiuso solo pochi giorni fa, ma l’Athletic ha già presentato, nella serata di ieri, quello che senza dubbio sarà il fiore all’occhiello della campagna acquisti 2011: Ander Herrera. Come da accordo con il Saragozza (cui sono stati versati 8,5 milioni che potrebbero diventare più di 10 a seconda delle prestazioni del giocatore, non proprio bruscolini), una volta che il club aragonese ha concluso la sua Liga, ottenendo peraltro la salvezza all’ultimo turno, il 22enne centrocampista si è immediatamente trasferito a Bilbao, dov’è nato ma dove non ha mai giocato; il padre, infatti, chiuse la sua carriera da giocatore a Saragozza diventando poi dirigente della società, e fu lì che suo figlio mosse i primi passi nel mondo del calcio. Parlando dell’acquisto in sé, chi frequenta questo blog sa già che a suo tempo l’operazione non mi ha trovato assolutamente d’accordo, vuoi per il costo, vuoi soprattutto perché l’Athletic è un club di cantera, e va da sé che acquistare altrove un calciatore toglie spazi importanti a chi si è formato nelle giovanili (in questo caso a Iturraspe e forse anche a Ruiz de Galarreta, classe ’93 di cui si dice un gran bene). Ora che l’affare è stato fatto da tempo e che Herrera è stato presentato, però, è inutile intavolare ragionamenti più o meno interessanti sulla filosofia dell’Athletic; credo sia più proficuo soffermarsi sulle caratteristiche tecniche di Ander e capire coma potrà inserirsi nel gioco biancorosso e cosa potrà dare in termini di valore aggiunto. Innanzi tutto, sgombriamo il campo da eventuali dubbi sulla bravura del giocatore: Herrera è un progetto di campione, pochi scherzi, e starà al prossimo allenatore dei Leoni farlo sbocciare in maniera definitiva. Dal punto di vista tattico, l’ex numero 8 del Saragozza è elemento versatile e capace di ricoprire più ruoli: esterno destro (di quelli portati ad accentrarsi più che a cercare il fondo), mezzala, trequartista centrale (il suo ruolo naturale) e, da quest’anno, anche regista in un classico doble pivote con un mastino a scortarlo. Non sapendo quale sarà il destino di Caparros è difficile dire come verrà impiegato Ander, tuttavia a Bilbao non si gioca con un “10” dietro le punte dai tempi dello Yeste di Valverde, per cui si può tranquillamente ipotizzare che il ragazzo verrà impiegato prevalentemente come centrocampista puro. L’ipotetica coppia che andrebbe a formare in tal caso con Javi Martinez, inutile dirlo, è intrigante come poche, in potenza una delle migliori della Liga e senza dubbio la più forte dai tempi di Gurpegi-Orbaiz pre-squalifica di Carlos e pre-infortunio al ginocchio di Pablo. Più volte ho sottolineato come Javi Martinez sia un calciatore con caratteristiche uniche nel panorama spagnolo, che però non comprendono la capacità di organizzare la manovra come un regista; il navarro ha una buona tecnica e sa come velocizzare l’azione giocando a uno-due tocchi, però non ha nelle corde i lanci di 30 metri, non sa vedere i buchi nelle difese avversarie e fatica a trovare i passaggi necessari a scardinare squadre bloccate. Herrera, al contrario, possiede un controllo di palla e una visione di gioco straordinari, oltre alla naturale predisposizione alla triangolazione con i compagni e alla ricerca del dialogo rasoterra: proprio il centrocampista che manca all’Athletic, dunque. Ciò che gli manca fisicamente e a livello di attitudine difensiva potrebbe facilmente essere compensato dall’esplosività e dalla facilità di corsa di Javi Martinez, e a questo punto vi lascio immaginare cosa potrebbe combinare un duo del genere. Se poi Caparros (o chi siederà al suo posto) decidesse di optare per uno schema con Gurpegi e JM nel mezzo e Ander nella sua posizione preferita, qualche metro più avanti, il discorso potrebbe farsi se possibile ancor più interessante; con Jokin penso che una strada del genere sia pura fantascienza, eventualmente vedremo cosa deciderà un altro allenatore nel caso in cui l’utrerano non dovesse essere confermato. Insomma, pur non approvando per una questione di filosofia l’acquisto di Herrera, credo che dal punto di vista squisitamente tecnico-tattico Ibaigane abbia messo a segno un colpaccio clamoroso, specie considerando che, allo stato attuale delle cose, sembra che le uniche due squadre in grado di comprare giocatori sopra la media siano Barcellona e Madrid. Che un prospetto di valore assoluto come Ander abbia scelto Bilbao rappresenta un fatto più unico che raro, dovuto con tutta probabilità a tre fattori: la pressione del padre, tifoso biancorosso e il cui sogno da calciatore, ahilui irrealizzato, era quello di giocare con la maglia zurigorri; l’opera di convincimento di alcuni compagni di under 21 (Javi Martinez, San José, Muniain), che senza dubbio gli avranno parlato delle rinnovate ambizioni della società; la semplice constatazione che in un club di primissima fascia imporsi non è facile per uno della sua età (vedasi quanto successo a Canales a Madrid), mentre giocare nell’Athletic significa potersi assumere delle responsabilità in un ambiente che comunque non richiede la vittoria di un trofeo come unico metro di paragone per valutare una stagione (e quindi mette meno pressione). Francamente non penso che Herrera abbia scelto i Leoni per diventarne una bandiera, ma che abbia ritenuto di potersi ritagliare un ruolo di primo piano in una squadra che comunque è in Europa (e tra le prime sei nella Liga) per poi spiccare il volo, anche perché l’attuale selezionatore della nazionale, Del Bosque, ha mostrato di non avere i pregiudizi del suo predecessore in materia di calciatori dell’Athletic. Vedremo, intanto ongi etorri, Ander!

Situazione mister: Urrutia, che sarà probabilmente l’unica alternativa seria a Macua, secondo Marca sta scandagliando il mercato internazionale per individuare l’allenatore col cui nome si presenterà alle prossime elezioni. In mezzo alle classiche sparate nel puro stile del quotidiano iberico (tra le altre, Villas Boas – fra un po’ verrà fuori che lo vuole pure il Pizzighettone -, Rijkaard e addirittura Van Gaal!), c’è un tecnico che vedrei benissimo nel Botxo e che avevo citato in un commento di qualche tempo fa: Didier Deshamps. Basco francese, l’ex capitano della Juventus manifestò a fine carriera l’intenzione di chiudere col calcio disputando un’ultima stagione da professionista proprio con l’Athletic, ma la trattativa col Chelsea saltò e lui si accasò al Valencia. A fine stagione Deshamps abbandonerà al 99% la panchina del Marsiglia e sarà disponibile, io sinceramente lo vedrei benissimo, per carattere e idea di calcio, sulla nostra panchina. E voi?

martedì 24 maggio 2011

38a giornata: Racing 1-2 Athletic.


La gioia biancorossa a fine partita (foto Athletic-club.net).

Racing Santander: Toño; Pinillos (55' Kennedy), Torrejón, Henrique, Christian; Francis, Tziolis, Lacen, Munitis (77' Cisma); Giovani, Rosenberg (69' Bolado).
Athletic Club: Iraizoz; Iraola, Ekiza, Amorebieta, Castillo; David López (89' Gurpegui), Orbaiz, Javi Martínez, Muniain (84' Gabilondo); Toquero (74' Ibai Gómez), Llorente.
Reti: 20' David López, 21' Llorente, 88' Kennedy.
Arbitro: Alfonso Álvarez Izquierdo (comité catalán).
Note: espulso al 73' Francis (R) per doppia ammonizione.

Signore e signori, siamo in UEFA, e dalla porta principale! Con la vittoria di ieri al Sardinero, infatti, l’Athletic ha ottenuto la certezza del sesto posto e ha così evitato il turno preliminare che toccherà all’Atletico Madrid, giunto settimo a causa della classifica avulsa. Non è stata una bella partita dei Leoni, bravi però a capitalizzare al massimo le occasioni create e a sfruttare la vena di un Llorente versione trascinatore; segnando ieri, il numero 9 ha concluso la stagione a quota 18 reti in 38 partite (totale stagionale 19 in 41), numeri che non si vedevano dai tempi del miglior Urzaiz. A Nando sono bastati due lampi nel giro di un solo minuto per decidere la partita: al 19’ si è guadagnato una punizione dal limite poi trasformata dal destro di David Lopez, sempre più somigliante – con la dovuta distanza, s’intende – al Beckham ultima maniera, quindi ha segnato al 20’ sfruttando una bella verticale di Orbaiz e un errore di Henrique. Il Racing fino a quel momento aveva letteralmente dominato e ha subito il colpo, abbattendosi ancor di più quando Iraizoz ha salvato due volte, al 33’ e al 35’, sull’ex attaccante del Werder Brema Rosenberg, presentatosi in entrambi i casi solo davanti al portiere navarro. La ripresa è stata giocata in controllo da parte dei biancorossi, specie dopo il rosso rimediato al 73' da Francis per doppia ammonizione; il gol di Kennedy a due minuti dal termine teoricamente avrebbe potuto accendere il finale di gara, tuttavia i padroni di casa non ne avevano abbastanza per mettere seriamente in pericolo la porta altrui. Vincendo nella sempre difficile trasferta in terra cantabrica l’Athletic ha così respinto l’assalto dell’Atletico Madrid e ha reso inutile la vittoria dei colchoneros a Maiorca, ottenendo un sesto posto che rappresenta il miglior risultato di Caparros nel suo quadriennio alla guida della squadra. Come valutare la stagione degli zurigorri? Positivamente, senza dubbio, anche se tutti i dubbi espressi nel post precedente dedicato interamente a Jokin restano. In tutta sincerità, credo che il ciclo dell’allenatore di Utrera debba finire qui perché questo risultato è il massimo che il tecnico potrà mai ottenere a Bilbao. Caparros è storicamente un tecnico bravissimo a ricostruire, a far rendere al massimo rose anche poco competitive (salvò un Depor forse peggiore di quello che è retrocesso quest’anno), a creare le condizioni migliori per proiettare una squadra al vertice. Il problema nasce quando va fatto l’ultimo salto di qualità, il passo decisivo per abbandonare la condizione “vorrei ma non posso” e diventare grandi una volta per tutte, raggiungendo davvero quel vertice e non mollandolo alle prime difficoltà. Esemplificativa, in tal senso, la sua esperienza a Siviglia: ricostruì l’ambiente, lanciò alcuni giovani di belle speranze che sarebbero poi diventati grandissimi giocatori, insomma gettò le fondamenta di quello che sarebbe diventato il Siviglia vincitore di titoli in serie, in patria e in Europa. Quando gli andalusi alzarono la UEFA, però, a guidarli c’era Juande Ramos, che raccolse i frutti del lavoro di Caparros e li valorizzò al meglio. Insomma, per farla breve Jokin sembra essere un allenatore di medio cabotaggio, bravo in determinate situazioni ma non spendibile in contesti più ambiziosi, soprattutto perché la sua idea iper-conservativa di calcio mal si sposa con le esigenze di chi gioca per le prime posizioni della classifica o per arrivare in fondo a determinate competizioni; poi si sa che alla fine vince solo una squadra, ma gli atteggiamenti tra chi accoglie un sesto posto come un risultato fantasmagorico e chi lotta fino all’ultima giornata per arrivare almeno quarto sono diversi, eccome. Ora che la stagione è conclusa tutta l’attenzione si concentrerà sulle elezioni presidenziali piuttosto che sul mercato, visto che sarà molto differente a seconda di chi verrà eletto; anche qui cercherò di dare conto dei programmi dei candidati, non appena si presenteranno ufficialmente, e del futuro che si prospetta per il nostro amato club. Spero di non dover scrivere niente su una o più cessioni eccellenti, anche se le voci di una possibile partenza di Llorente o Javi Martinez (o addirittura entrambi) sono tornate a farsi sentire con insistenza.

martedì 17 maggio 2011

Caparros sì o no?


Joaquin Caparros (foto Zimbio.com).

Poco da dire sulle ultime due partite di Liga che non ho commentato. Martedì con il Depor l'Athletic ha restituito il favore-salvezza che i galiziani ci fecero nel 2006, quando il 2-1 ottenuto in trasferta al Riazor alla penultima giornata permise ai Leoni, allora guidati da Clemente, di ottenere la permanenza in Primera al termine di una stagione davvero travagliata. Stavolta erano i biancazzurri a dover ottenere i tre punti per portarsi in una zona di classifica più tranquilla, e va detto che i bilbaini hanno quantomeno giocato sottoritmo dopo essere passati subito in vantaggio, specie nella ripresa. L'autorete di Castillo ha sancito il 2-1 per i padroni di casa e la loro quasi certa salvezza. Ieri al San Mamés è andato in scena il più classico dei pareggi che accontentano tutti: il Malaga con il punto ottenuto si è salvato matematicamente, mentre l’Athletic ha ottenuto la certezza della qualificazione UEFA, la 25a della storia zurigorri. La partita è stata viva fino all’1-1 di David Lopez su rigore (se non avete visto l’azione fatelo subito: prima il riojano ha calciato sulla traversa un penalty concesso per fallo di Demichelis su Llorente, quindi ha insaccato un secondo rigore causato dal “mani” di Eliseu sulla respinta del legno!), dopodiché le squadre hanno smesso di giocare, meritandosi i fischi di un San Mamés poco incline ad accettare certe sceneggiate. I Leoni bene o male hanno fatto il loro dovere, ora gli resta solo da vincere l’ultima di campionato per evitare un turno di qualificazione ai gironi UEFA in più.
Dato che non trovo nient'altro da aggiungere sulle partite, ne approfitto per postare il pezzo su Caparros che avevo preannunciato nei giorni scorsi. Nient'altro che l'elenco (spero il più obiettivo possibile) sui motivi per cui tenerlo e su quelli per cui salutarsi a fine stagione. Voi da che parte state?


Perché tenerlo:
1. Ha preso la squadra dopo un biennio orribile, nel quale venne sfiorata per due volte consecutive la retrocessione (l’anno prima, quello di Sarriugarte-Mané, la salvezza venne ottenuta solo all’ultima giornata), e le ha dato un’innegabile continuità di risultati, tenendola sempre lontana dalle zone pericolose della classifica.
2. Sotto la sua direzione la difesa ha smesso di essere il principale tallone d’Achille dell’Athletic. Non dimentichiamo che, prima dell’arrivo dell’utrerano, il reparto arretrato biancorosso era il più battuto della Liga nel nuovo millennio, mentre adesso si è stabilizzato ad un discreto livello di rendimento, fortunatamente lontano da quello delle difese più battute del torneo. In particolare, il primo anno di Caparros fu il migliore dal punto di vista del rendimento del reparto arretrato, con pochi gol incassati e una ritrovata sicurezza che si percepiva chiaramente durante le partite; tale situazione è andata scemando nel corso delle stagioni, tuttavia è innegabile che i Leoni non siano più i colabrodi di qualche tempo fa.
3. Ci ha riportato in Europa dopo cinque anni di lontananza (quattro se si considera l’irrisoria partecipazione all’Intertoto con Mendilibar, finita subito con l’eliminazione al primo turno). La campagna in Coppa UEFA fu peraltro positiva fino al doppio confronto agli ottavi con l’Anderlecht, giocato male e conclusosi con una scoppola memorabile subita a Bruxelles. Non dimentichiamo inoltre che l’anno scorso siamo stati in corsa fino a poche giornate dalla fine del campionato per la qualificazione in Champion’s League, traguardo che manca dal 1998.
4. Nel 2009 ha guidato i Leoni alla prima finale di Coppa del Re dopo un digiuno infinito, lungo ben 24 anni (l’ultima era stata Athletic-Atletico Madrid 1-2 del 1985). Il cammino in quell’edizione di Copa non fu clamoroso (prima della semifinale con Siviglia i biancorossi eliminarono Recreativo di Huelva, Osasuna e Sporting Gijon), tuttavia resta innegabile la grande impresa compiuta dal mister e dai suoi giocatori. La finale contro il Barcellona fu giocata bene per mezz’ora, poi i blaugrana rimontarono il gol iniziale di Toquero e a quel punto si notarono tutte le lacune della squadra in fase di proposizione del gioco. L’impresa però, come detto, resta.
5. Ha lanciato in prima squadra molti giovani del vivaio, non tutti confermatisi ad alti livelli ma in generale utili alla causa della prima squadra. Su tutti spiccano i nomi di Susaeta, Iturraspe e soprattutto Muniain.
6. Ha incoraggiato la politica di monitoraggio delle squadre minori basche al fine di ingaggiare quei famosi “talenti di provincia” non ancora esplosi oppure finiti, per un motivo o per un altro, a calcare i palcoscenici meno prestigiosi del futbol iberico. Una politica che ha pagato, portando agli ingaggi di due colonne della prima squadra come Koikili e Toquero e a quelli di alcune giovani promesse come De Marcos, Igor Martinez e Urko Vera.
7. Ha dato un impianto di gioco riconoscibile alla squadra (4-4-2 verticale che privilegia le fasce e gli inserimenti sulle seconde palle) e innegabilmente ha mostrato momenti di buon calcio, soprattutto quest’anno.

Perché non tenerlo:
1. La scarsa qualità del gioco è senza dubbio uno dei più grandi crucci dei tifosi biancorossi da quando Caparros siede sulla panchina dell’Athletic. Difficoltà nel manovrare rasoterra, nessuna ricerca della superiorità nel possesso palla, scarsa attenzione all’elaborazione dell’azione offensiva attraverso il coinvolgimento di più di 3-4 giocatori: tutto ciò porta ad avere un gioco sì verticale e diretto, ma anche maledettamente facile da leggere e poco attraente dal punto di vista estetico. Diciamoci la verità: tante, troppe volte le partite dei Leoni sono state uno strazio e hanno rappresentato un inno all’anti-calcio più spinto. Qualcosa di meglio si è avuto in questa stagione, almeno fino a metà campionato: troppo poco, però, per dimenticare le decine di pomeriggi trascorsi a vedere pallonate dalla difesa per la testa di Llorente, e stop.
2. Considerando la qualità complessiva della rosa, che può contare su tre nazionali maggiori (di cui due campioni del Mondo) e uno svariato numero di nazionali under 21 o minori, risulta chiaro che la sfilza di posizioni di metà tabellone messa insieme dall’Athletic sotto la guida di Caparros non rappresenta un traguardo così lusinghiero. Nel contesto di una Liga impoveritasi anno dopo anno nella sua classe media (basti pensare al ridimensionamento notevole di realtà quali Siviglia, Valencia e Atletico Madrid, per tacere del Depor o delle retrocesse “di lusso” Celta Vigo, Betis e Real Sociedad), essere arrivati solo due volte sopra il decimo posto non mi pare un grandissimo risultato. Si poteva fare di più, senza dubbio.
3. Analizzare nello specifico le varie stagioni biancorosse significa salire sulle montagne russe, paragone che spesso ho proposto nei miei commenti. E d’altra parte è proprio l’alternanza tra vittorie e sconfitte, tra buone prestazioni e partite inguardabili a costituire uno dei tratti principali della gestione di Caparros. Quante volte ci siamo esaltati per una serie di belle vittorie per poi sprofondare nell’incertezza causata da una serie di risultati negativi? A ben guardare, è stata proprio questa mancanza di continuità nel corso di una singola stagione a negarci piazzamenti finali migliori di quelli poi ottenuti. Un esempio perfetto di ciò si è avuto in questa temporada, con la serie di quattro vittorie consecutive (record della stagione 1997/98 eguagliato) vanificata dalle pessime prestazioni nelle gare successive. Con un po’ più di continuità, la zona Champion’s adesso sarebbe molto più vicina.
4. Un altro aspetto che su questo blog è stato più volte sottolineato è l’atteggiamento troppo rinunciatario assunto dalla squadra in determinate partite, soprattutto in trasferta. La “prudenza” di Caparros ci avrà anche evitato le figuracce del biennio precedente al suo insediamento, tuttavia credo che i punti persi a causa dell’eccessivo difensivismo siano molti di più di quelli guadagnati grazie ad esso. Difficile dimenticare le barricate innalzate dalla squadra innumerevoli volte dopo essere passata in vantaggio, e che solo in rari casi hanno resistito (mi viene in mente l’1-0 al San Mamés contro il Madrid, gol dopo 2’ e poi 88 minuti di assalti merengues respinti in qualche modo). Spesso ho pensato che un club come l’Athletic avrebbe dovuto affrontare certi incontri in ben altro modo, e credo proprio di non essere stato il solo a farlo.
5. Uno dei meriti riconosciuti spesso e volentieri a Jokin è la valorizzazione del settore giovanile, ma è tutt’oro quel che luccica? In realtà, non è difficile notare che la percentuale di giovani “made in Lezama” fatti esordire in Primera dal tecnico di Utrera non è così elevata… ma soprattutto, sono davvero pochi quei canterani che, dopo aver esordito, sono riusciti a conservare una maglia della prima squadra nelle stagioni successive.
6. Ha avallato la discutibile politica societaria degli acquisti da altri club. In campagna elettorale (e sulla scorta di due stagioni pessime prima delle elezioni), Macua promise di rafforzare la squadra con innesti esterni, e infatti arrivarono David Lopez, Cuellar, Munoz e compagnia; da allora, ogni anno sono stati acquistati diversi calciatori, spesso neppure troppo validi, e in tal modo si sono tolti spazi importanti ai giovani del vivaio. Peraltro molti dei soldi spesi potevano essere risparmiati, visto che sono stati spesso investiti in calciatori poco o mai utilizzati; per quale motivo, dunque, l’allenatore ha sempre approvato operazioni del genere per poi non sfruttare minimamente la maggior parte delle nuove risorse fornitegli dalla società?
7. La sua gestione della rosa è stata quantomeno discutibile. E non si parla solo dei nuovi arrivi (anche se sarebbe bello avere una spiegazione dei casi di Cuellar, Munoz, Inigo Velez, Del Olmo e Diaz de Cerio, presi per non giocare mai), ma anche di alcuni senatori accantonati senza tanti problemi. Incredibile in tal senso il caso di Gurpegi: osannato dall’allenatore al rientro dopo la squalifica (le parole esatte di Caparros furono: è Carlos il nostro più grande acquisto), per un anno ha giocato poco e sovente fuori ruolo, dopodiché ha fatto la voce grossa, minacciando di andarsene nel caso in cui l’ostracismo verso di lui non fosse finito, e magicamente è ritornato titolare (ora è quasi indispensabile). Sorte che non è toccata a Ustaritz, mai inserito seriamente nel giro dei titolari, mentre ad Amorebieta è andata meglio: dopo l’infortunio di quest’anno ha fatto quasi un mese tra panchina e tribuna, poi il calo verticale di San José ha consigliato al mister di ripescarlo in tutta fretta.
8. È fossilizzato su un 11 base che non cambia praticamente mai e sembra non conoscere il significato della parola “turnover”, a prescindere dal numero di competizioni su cui la squadra deve competere. Gente come Iraola, Javi Martinez e Llorente è costretta a giocare anche se non si regge in piedi (come si è visto benissimo quest’anno), mentre ci sono elementi potenzialmente freschi che fanno la muffa in panchina.
9. In questi quattro anni Jokin ha mostrato spesso poca reattività in panchina: raramente ha effettuato cambi decisivi e pochissime volte ha cambiato lo schieramento della squadra in corso d’opera per fare bottino pieno.
10. La dedizione con cui propone il 4-4-2 come unico schema di riferimento è proverbiale, tanto da meritarsi un coro scherzoso ma non troppo (“Ca-par-ros, cuatro cuatro dos!”). Sacrificare uomini di talento (uno su tutti Yeste, costretto a giocare in mille ruoli diversi tranne il suo) sull’altare di uno schema immutabile non mi è mai sembrato un segno di particolare perizia tattica.
11. Ai tempi di Valverde ce la giocavamo con tutti, Barcellona e Real Madrid compresi: chi si è scordato dell’1-1 al San Mamés con i blaugrana di Rijkaard (partita eccezionale) o del 2-0 ottenuto al Bernabeu? Nonostante qualche vittoria prestigiosa, su tutte il già citato 1-0 al San Mamés con le merengues, solo in rarissimi casi l’Athletic di Caparros ha dato l’impressione di potersela davvero giocare con le squadre migliori della Liga. Mancanza non da poco per un club della storia e del prestigio di quello basco.

martedì 10 maggio 2011

35a giornata: Athletic 3-2 Levante.


L'esultanza di Toquero dopo il gol del'1-0 (foto Athletic-club.net).

Athletic Club: Iraizoz; Iraola, San José, Ekiza, Castillo; David López, Orbaiz (50' Gurpegui), Javi Martínez, Muniain (65' Gabilondo); Toquero, Llorente (77' Urko Vera).
Levante: Munúa; Javi Venta, Ballesteros, Nano, Juanfran; Xavi Torres, Iborra (72' Pallardó); Xisco Nadal, Rubén Suárez (55' Jefferson Montero), Valdo; Caicedo (62' Stuani).
Reti: 30' Toquero, 47' David López (rig.), 62' Llorente, 76' Stuani, 85' Nano.
Arbitro: Ramírez Domínguez (Comité andaluz).

Che sia la volta buona? Approfittando della giornata estremamente positiva per i risultati sugli altri campi (sconfitte interne di Siviglia e Atletico Madrid, preventivata sconfitta dell'Espanyol nel derby catalano), l'Athletic ha fatto un balzo forse decisivo verso la qualificazione alla prossima Coppa UEFA; ai Leoni, infatti, basterà vincere mercoledì al Riazor col Depor per assicurarsi matematicamente il settimo posto, l'ultimo utile in chiave europea. I biancorossi dovevavno vincere con il Levante e l'hanno fatto, pur rischiando troppo negli ultimi minuti: in vantaggio per 3-0 dopo poco più di un'ora di gioco, hanno incassato due reti evitabilissime nel finale e hanno dovuto stringere i denti per strappare ai valenciani i sospirati tre punti. Missione compiuta, dunque, e bisogna riconoscere che c'è una certa soddisfazione nel constatare come siano lontani i tempi bui dell'ultima partita che avevamo disputato al San Mamés contro il Levante: nel 2007 ci giocammo la salvezza all'ultima giornata, tirando un sospiro di sollievo dopo il 2-0 conclusivo (e su quella partita fu anche aperta un'inchiesta, poi archiviata), mentre stavolta avevamo l'Europa nel mirino. Poco da dire sulla gara: atteggiamento giusto fin dall'inizio e gol meritato al 30' per i padroni di casa (assist da leccarsi i baffi di Muniain per Toquero e tunnel al portiere in uscita), anche se la squadra di Luis Garcia ha dato battaglia e si è dimostrata in un buon momento. Le reti nella ripresa di David Lopez su un rigore alquanto fiscale e di Llorente, che prima aveva fallito un paio di occasioni clamorose, sembravano aver chiuso la partita, ma la rete di Stuani a finalizzare un gran contropiede levantino ha riaperto i giochi. Nano ha poi segnato il 3-2 in mischia e per l'Athletic ci sono stati 5 minuti di passione fino al fischio finale, che per fortuna è arrivato con i Leoni ancora avanti. Da sottolineare la gran prova di Toquero, autore di un gol e di un assist, e la brillante prestazione di Muniain. Adesso manca davvero poco, speriamo che i nostri ragazzi riescano a chiudere il discorso europeo al più presto.

mercoledì 4 maggio 2011

34a giornata: Espanyol 2-1 Athletic.


Iturraspe in azione, da notare la nuova maglia da trasferta (foto As.com).

RCD Espanyol: Kameni; Galán, Amat, Raúl Rodríguez, Chica; Verdú (90' David López), Javi Márquez (75' Rui Fonte); Luis García (75' Isaías), Iván Alonso, Callejón; Osvaldo.
Athletic Club: Iraizoz; Iraola, Ekiza, Amorebieta, Castillo; Gurpegi, Javi Martínez; Susaeta, Iturraspe (46' Llorente), Muniaín (65' Ustaritz); Toquero (58' Orbaiz).
Reti: 34' Osvaldo, 42' Susaeta, 76' Iván Alonso.
Arbitro: José A. Teixeira Vitienes (comité cántabro).

Siamo alle solite. Ancora una volta Caparros ha scelto di giocare per il pareggio, per quel punticino che avrebbe tenuto l'Espanyol a distanza di sicurezza (-6 a 4 giornate dalla fine del campionato), e puntualmente è tornato a Bilbao con una sconfitta in saccoccia. Sconfitta difficile da digerire e che complica maledettamente la strada verso l'Europa, ma sconfitta del tutto meritata. L'Athletic aveva anche avuto la fortuna di rimettere in carreggiata la partita con uno dei suoi tipici gol estemporanei (nell'occasione, uno splendido calcio piazzato di Markel Susaeta), eppure è riuscito a sprecare tutto con una condotta di gara indecente, letteralmente indegna di una squadra gloriosa come quella biancorossa. A fine stagione si tireranno le somme, ma non capisco come facciano i difensori di Jokin a rimanere fermi nelle loro posizioni dopo prestazioni come quella di Barcellona.
Il mister di Utrera stupisce tutti e fa riposare Llorente proprio nella partita che, in caso di vittoria, potrebe chiudere il discorso UEFA: al posto di Nando c'è Toquero come prima punta, supportato da una linea di trequartisti formata da Susaeta, Iturraspe (fuori ruolo) e Muniain; in difesa viene confermata la coppia Ekiza-Amorebieta, così come Castillo in luogo di Koikili. Ragionamenti sui moduli e sugli uomini a parte, è l'atteggiamento giusto a mancare fin dalle prime battute: i Leoni sono remissivi come gattini e lasciano palla e iniziativa agli avversari, limitandosi a presidiare la propria metà campo e a lanciare lungo per Toquero, purtroppo inadeguato da centravanti unico. L'Espanyol sfiora la rete in un paio di occasioni (clamorosa una parata di Iraizoz su Ivan Alonso, presentatosi solo davanti al portiere navarro), quindi al 34' raccoglie i frutti della pressione continua segnando con Osvaldo in sospetta posizione di fuorigioco. I biancorossi, presentatosi in campo con la nuova maglia verde da trasferta, non si danno una mossa nemmeno dopo lo svantaggio: il pelotazo dalla difesa resta l'opzione privilegiata per portarsi in avanti, e va da sé che in una situazione tattica del genere la presenza di Iturraspe diventa quasi superflua, visto che il giovane centrocampista non ha le caratteristiche fisiche per giocare sulle seconde palle come fa Toquero quando agisce in coppia con Llorente. Al 42', però, i bilbaini vanno in gol al primo tiro in porta. Il merito è tutto di Susaeta, che batte alla perfezione un calcio di punizione dal limite e insacca la sua prima rete stagionale. In chiusura di tempo ai padroni di casa non viene poi assegnato un rigore solare per fallo di Iraizoz, uscito malissimo, su Ivan Alonso. Vedendo Llorente in campo a inizio ripresa si ha la speranza che Caparros abbia deciso di cambiare qualcosa nel gioco dei suoi, invece il copione resta immutato nonostante il passaggio al 4-4-2. Addirittura l'allenatore supera sé stesso con due cambi che sarebbe eufemistico definire trapattoniani: Orbaiz per Toquero al 58' (con Susaeta avanzato a seconda punta) e Ustaritz per Muniain (!) al 65', mossa che comporta l'adozione di una difesa a 5 mai vista in precedenza. Una roba del genere non può che essere punita dagli dei del calcio, e giustamente al 75' Ivan Alonso la butta dentro su assist di Osvaldo, penetrato in area (ironia del destino) proprio dalla parte del neo-entrato Ustaritz. Una volta sotto l'Athletic si sveglia e negli ultimi 10 minuti spaventa Kameni con un tiro di Gurpegi e un paio di mischioni furibondi in area, senza però trovare il fondamentale gol del 2-2.
E così siamo di nuovo a commentare una sconfitta derivata da un'attitudine non difensivistica, termine che non mi dispiace e che può essere associato a un calcio di grande qualità, ma rinunciataria ad ogni livello. Come si possa pretendere di non uscire sconfitti quando si tira in porta due volte in tutto il match e, cosa più grave, si lascia l'iniziativa nelle mani avversarie per 80 minuti filati è cosa aldilà della mia comprensione. Caparros ci aveva illuso fino a metà stagione, mostrando un'idea di gioco semplice, piacevole ed efficace, tuttavia adesso è tornato quello di sempre. E' troppo sperare che il prossimo anno non sieda più sulla nostra panchina?