venerdì 30 maggio 2014

Defiende al Eibar.



Nessuno pensa che la vita sia giusta, dunque perché dovrebbe esserlo il calcio? La Sociedad Deportiva Eibar, espressione di un paese gipuzkoano di poco più di 27.000 anime, domenica scorsa ha ottenuto matematicamente la prima, storica promozione in Primera Division; uno splendido traguardo per un club che, tra le società basche di seconda fascia, è probabilmente il più importante degli ultimi decenni, potendo contare su un totale di 26 stagioni trascorse in Segunda (delle quali 18 consecutive, un record assoluto). Il miracolo sportivo compiuto sul campo da una squadra con il presupuesto (il budget totale) più basso della categoria (3,9 milioni di Euro), tuttavia, potrebbe non essere sufficiente: il Real Decreto1251/1999 sulle Sociedades Anónimas Deportivas impone infatti alla dirigenza degli armeros un aumento del capitale sociale, che dovrà passare dagli attuali 400.000€ a 2,2 milioni circa. Insomma, un club finanziariamente sano, senza alcun debito nei confronti di banche e fisco (cosa che non accade agli attuali campioni della Liga, ai vincitori della Champion's League e ai loro rivali catalani, tanto per dire) e con una gestione esemplare, potrebbe essere relegato d'ufficio in Segunda B.
Noi non ci stiamo. Come Leones Italianos siamo tifosi dell'Athletic, certo, ma anche innamorati di Euskal Herria e difensori di tutte le sue espressioni culturali, comprese quelle sportive. L'Eibar ha scritto una pagina importante della storia calcistica recente, riuscendo a conquistare la Primera con una squadra piena di onesti operai (in gran parte baschi) della pedata; un'impresa che, stante la trasformazione del futbol in un business che premia solo chi è in grado di assicurare ascolti e incassi stellari, rappresenta un unicum che va ben oltre i casi del Chievo e del Sassuolo nostrani, "dopati" da patron che sono tutto fuorché sprovvisti di quattrini. Capitan Arruabarrena e i suoi compagni (tra loro altre vecchie conoscenze dell'Athletic, come Eneko Boveda, Yuri Berchiche, Urko Vera, Alain Eizmendi e Ander Capa), invece, possono contare solo su una base di 3.500 soci, che ogni partita affollano le tribune del vecchio Ipurua (cha ha una capienza di 5.250 spettatori). L'ingiustizia che si sta per consumare non deve accadere. Possiamo impedirlo, il tempo non manca. L'Eibar ha infatti aperto una sottoscrizione popolare per raggiungere entro luglio il milione e 700.000€ che mancano. Il nome dell'iniziativa è "Defiende al Eibar" e, al momento, la cifra raccolta è quasi la metà del totale. Contribuire a salvare una realtà come quella degli armeros è doveroso per chi crede che un altro calcio sia possibile, specie se queste storie avvengono nei "nostri" amati Paesei Baschi.

http://www.defiendealeibar.com

sabato 24 maggio 2014

Un Athletic da sogno.



Con il pareggio in casa dell'Almeria, ininfluente per la classifica finale (ma che, sommato ad altri risultati, ha purtroppo contribuito alla retrocessione dell'Osasuna), si è conclusa una delle migliori stagioni dell'Athletic degli ultimi 30 anni. Tolte infatti le leggendarie annate del Clemente I, le ultime vincenti della storia biancorossa, e la cavalcata dei Leoni di Fernandez che portò al secondo posto nel 1997/98, trovare una temporada capace di unire un altissimo livello qualitativo a dei risultati eccellenti, come accaduto in quella appena conclusa, è praticamente impossibile. Un discorso a parte merita il biennio Bielsa, a parer mio irripetibile per emozioni e portata rivoluzionaria del discorso tattico impostato dall'allenatore di Rosario, ma bisogna ricordare che in Liga la squadra non raggiunse mai il rendimento mostrato dai ragazzi di Valverde in questa stagione.
Partiamo dai numeri, che, seppur insufficienti a restituire il quadro complessivo, sono comunque indicativi della bontà di quanto fatto da Txingurri e dai suoi giocatori. Dopo aver incassato ben 65 reti nella scorsa temporada, la difesa ha fatto segnare un record per il nuovo millennio: 39 i gol totali subiti da Iago e Iraizoz (miglior risultato dal 1989/90), con un dato relativo al girone di ritorno (15) veramente impressionante; per dare un'idea, il Madrid ne ha presi 38, il Barça 33 e l'Atletico blindatissimo del Cholo 26. Merito dell'esplosione di Laporte, senza dubbio, ma soprattutto dello splendido lavoro di Valverde, mostratosi tecnico meno arrembante e più riflessivo rispetto agli esordi. La scelta di un blocco ben definito (Iraola, Gurpegi, Laporte e Balenziaga, con De Marcos alternativa ad Andoni e San José prima riserva dei centrali) ha sicuramente contribuito alla maggior solidità del reparto, e al mister va riconosciuto anche di non aver mai messo in discussione le proprie decisioni, specie a inizio stagione quando, da più parti, veniva chiesta la testa di un Gurpe non proprio a suo agio come difensore puro. Buonissimi anche i numeri relativi alla fase offensiva: 66 gol segnati (mai così tanti dal 1996/97, quando furono 72 ma con 4 giornate in più) e massimo personale in carriera raggiunto da Aduriz (16), Ibai (8, in 18 partite), Muniain (7), Ander Herrera e Mikel Rico (5). In generale, dunque, la squadra ha trovato spesso la via della rete e lo ha fatto con tanti giocatori diversi, in particolar modo in una prima parte dell'anno nella quale Aritz aveva le polveri bagnate (primo gol segnato all'ottava giornata); in tal senso è esplicativo il caso di De Marcos, utilizzato spesso come "asso nella manica" da giocare a partita in corso e risultato decisivo con 3 reti nelle prime 6 partite di campionato. Infine, il dato sul rendimento degli zurigorri in Liga. Il San Mamés è tornato ad essere un fortino quasi inespugnabile (13 vittorie, 4 pareggi e solo 2 sconfitte, contro Espanyol e Atletico Madrid), ma è stato il cammino fuori casa a risultare particolarmente positivo: la squadra ha infatti sommato 27 punti lontano da Bilbao, frutto di 7 vittorie, 6 pareggi e 6 sconfitte, e per trovare numeri simili bisogna risalire a più di 10 anni fa, precisamente alla stagione 2001/02, quando i Leoni, guidati allora da Jupp Heynckes, totalizzarono 28 punti nelle gare esterne.
Un'annata da record, c'è poco altro da aggiungere. L'artefice principale di questo vero e proprio miracolo sportivo (perché portare una squadra con la filosofia unica dell'Athletic nel gotha europeo è un evento che appartiene più al trascendente che al reale) è, senza alcun dubbio, Ernesto Valverde. La sua gestione del gruppo nel dopo-Bielsa è stata esemplare: ha preso una squadra prosciugata nella testa e nel fisico e l'ha completamente rianimata, dandole nuove motivazioni e tenendola sempre unita. Emblematico il fatto che nessuno dei meno utilizzati (penso soprattutto a Beñat ed Etxeita, i due acquisti estivi passati, più o meno velocemente, dallo status di stelle a quello di meri rincalzi) abbia mai esternato il dispiacere per non giocare in modi meno che urbani, chiaro segno del rispetto per lo spogliatoio  e della stima per l'allenatore nonostante le sue scelte penalizzanti. Txingurri ha dimostrato coi fatti di essere un ottimo allenatore e soprattutto un uomo di grande intelligenza. Non ha pensato neanche per un istante, infatti, di fare terra bruciata dell'esperienza del Loco, ma ne ha mantenuto i lati positivi cercando, allo stesso tempo, di migliorare quelli deboli. Non a caso, come dimostrano i numeri elencati sopra, l'attacco è rimato esplosivo (anzi, si è segnato pure di più anche senza Llorente, il principale bomber degli ultimi anni), mentre la difesa, il vero tallone d'Achille del biennio di Bielsa, si è trasformato in un vero e proprio punto di forza. Bisogna inoltre rilevare come Valverde sia notevolmente maturato rispetto alla sua prima esperienza sulla panchina zurigorri: meno intransigente tatticamente (l'utilizzo variabile del 4-1-4-1, del 4-3-3 e del 4-2-3-1, così come delle due punte a partita in corso, ne è chiara prova), più attento alle transizioni difensive e senza quella rigidità nelle sostituzioni che lo caratterizzavano anni fa, si è rilanciato alla grande nell'élite degli allenatori della Liga e si è tolto diverse soddisfazioni nei confronti di chi lo aveva giudicato bollito dopo la brutta esperienza a Villarreal e la qualificazione Champion's con il Valencia sfumata all'ultima giornata della scorsa stagione. L'unico rilievo che potrei muovergli è l'uso forse troppo parsimonioso del turnover, anche se l'assenza di un fronte "europeo" ha favorito l'impiego di un undici titolare ben definito (la controprova si avrà fra qualche mese). In Coppa del Re, invece, nessuna critica: la sconfitta contro l'Atletico è stata onorevole e, sul campo, loro hanno meritato di batterci.
Se Valverde è stato un condottiere di grandissimo polso, anche le sue "truppe" hanno fatto qualcosa di straordinario. I giocatori, tolto qualche caso, hanno offerto un rendimento medio eccellente, e più di uno ha addirittura toccato il picco massimo della propria carriera. Iraizoz (che non giocava così bene dai tempi della finale di UEFA raggiunta con l'Espanyol), Gurpegi, Laporte, Balenziaga, Mikel Rico, Iturraspe, Herrera, Muniain, Ibai, Aduriz: tranne qualche pausa fisiologica nell'arco della temporada, tutti sono stati spettacolari. Chiaramente analizzerò uno per uno nelle pagelle di fine anno, ma un tributo già adesso mi sembrava doveroso.
Si è chiusa insomma una stagione che è andata ben aldilà di ogni più rosea aspettativa iniziale. Personalmente avevo pronosticato un Athletic in lotta per il sesto, massimo quinto, posto, e mai mi sarei aspettato che i Leoni potessero puntare così in alto al primo anno con un nuovo allenatore. Migliorarsi sarà impresa quasi impossibile, specie se dovesse arrivare la benedetta qualificazione alla fase a gruppi di Champion's League, ma anche confermarsi costituirà un'impresa difficile: la concorrenza in Spagna è spietata e, sebbene in Italia questo concetto non sia ancora chiaro, "hay Liga", ovvero ci sono molti club capaci di fare la voce grossa alle spalle di Madrid e Barcelona (e, forse, Atletico, se riuscirà a tenere chi di dovere). Il Sevilla di Emery ne è esempio lampante, ma guai a sottovalutare realtà come Villarreal, Real Sociedad o Valencia. Servirà una campagna di rafforzamento ben studiata, ad iniziare dalla conferma di alcuni dei pezzi da novanta della rosa. Il tempo per analizzare al meglio la situazione comunque non mancherà. Intanto vi invito, se già non lo avete fatto, a cliccare "Mi piace" sulla pagina Facebook del blog, perché è lì che, d'ora in avanti, posterò news e "ultime di mercato". Come già avevo avuto modo di scrivere, sto pensando ad una ristrutturazione grafica e contenutistica di questo spazio, che passi in primo luogo per un'integrazione più marcata con i social: con Facebook dedicato alle notizie e Twitter alle partite (ho in mente una sorta di "diretta tweet" per quegli incontri che avrà modo di vedere), il blog dovrebbe diventare una sorta di magazine dedicato a editoriali, articoli di analisi e di approfondimento a 360° sul mondo biancorosso, da Lezama alla storia del club. Per adesso mi limito a fornirvi un breve calendario dei prossimi pezzi, che saranno il pagellone finale, un focus sulla situazione di mercato e un riassunto della stagione delle giovanili (non necessariamente in quest'ordine), dopo i quali dovrei mettere mano alla grafica. Stay tuned!

mercoledì 7 maggio 2014

Champions!



1998-2014: dopo16 anni siamo di nuovo in Champion's League, anzi, in Txampions! Il comodo 3-0 sul campo di un Rayo molto ben disposto nei nostri confronti ci ha regalato il quarto posto matematico, che in soldoni significa preliminare di agosto; le prossime settimane ci diranno se lo affronteremo come teste di serie o meno, ma l'importante è essere tornati nella massima competizione continentale e aver dimostrato, una volta di più, come la filosofia dell'Athletic riesca a coniugare tradizione e risultati. Da Guerrero, Urzaiz, Alkorta, Urrutia ed Etxeberria a Susaeta, Aduriz, Laporte, Iraola e Munian: sono passati quasi 20 anni e una squadra unica, composta da ragazzi cresciuti in una regione di 3 milioni di abitanti grande meno della Lombardia, è tornata sul palcoscenico più prestigioso. Anche se, in realtà, non se n'era mai andata. Aupa Athletic!