lunedì 9 febbraio 2015

22a giornata: Athletic 2-5 Barcelona.


Mikel Rico subito dopo aver segnato l'1-2 (foto Athletic-club.eus).

Athletic Club: Iraizoz; De Marcos, Etxeita, Laporte, Balenziaga (51' Aurtenetxe); San José, Mikel Rico; Susaeta (68' Beñat), Unai López, Muniain (77' Gurpegi); Aduriz.
FC Barcelona: Bravo; Dani Alves (68' Adriano), Piqué, Mathieu, Jordi Alba; Busquets, Xavi (73' Rafinha), Rakitić; Neymar, Suárez (79' Pedro), Messi.
Reti: 15' Messi, 26' Suárez, 59' Mikel Rico, 62' De Marcos (ag), 64' Neymar, 66' Aduriz, 86' Pedro.
Arbitro: Mateu Lahoz (Colegio Valenciano).
Note: espulso al 74' Etxeita (A) per gioco violento.

Se nella tua squadra ci sono tre dei primi cinque attaccanti del mondo, e uno di questi tre è pure il miglior giocatore del pianeta, per vincere ti basta che almeno uno di loro sia in serata: il calcio, in fondo, è un gioco semplice. Ieri sera, per sfortuna dell'Athletic, Messi, Neymar e Suárez hanno sfoderato una prestazione impensabile per il 99% degli esseri umani che, per passione o per lavoro, passano 90 minuti ogni tanto dando pedate a un pallone. E il Barça, chiaramente, ha vinto. Sta tutta qua l'essenza della partita, anche se uno di quei siti che stanno rendendo irrespirabile la blogosfera calcistica potrebbe menarla per qualche pagina con l'analisi tattica di ogni movimento, diagonale, sovrapposizione, eccetera visti ieri al San Mamés.
I Leoni hanno interpretato il match come meglio non avrebbero potuto fare, soprattutto in un primo tempo nel quale hanno cercato di rimanere corti e compatti e hanno pressato benissimo, confondendo le idee agli avversari e impedendo loro di palleggiare come al solito in uscita dalla difesa. Il gol fortunato di Messi (punizione, peraltro inesistente, deviata dalla barriera) ha chiaramente mandato all'aria i piani degli zurigorri, che però hanno mantenuto la calma e sono riusciti a rendersi pericolosi senza mostrare troppo il fianco ai catalani. Purtroppo il calcio vive anche di episodi: Bravo ha tirato fuori dal cilindro una risposta di puro istinto su una deviazione in spaccata di Aduriz, dopodiché Suárez è andato a bersaglio a coronamento di un contropiede da manuale della squadra di Luis Enrique (facilitato da uno dei pochi errori di posizionamento del blocco difensivo biancorosso). Il palo colpito dal solito Aduriz in chiusura ha certificato una volta di più come la serata non fosse delle più favorevoli ai bilbaini. Nella ripresa è successo di tutto, complice il calo fisiologico di un Athletic non più in grado di pressare e chiudere con la stessa efficacia dei primi 45'. Mikel Rico ha accorciato le distanze al 59' (da applausi il filtrante di Unai López), ma il Barça si è portato sul 4-1 con una sfortunata deviazione di De Marcos su tocco di Messi e con una splendida azione di rimessa (palla sanguinosa persa da Muniain) finalizzata da un Neymar in gran serata. Due minuti dopo la rete del brasiliano, Aduriz ha rimesso i suoi in partita con una conclusione secca che ha sorpreso Bravo sul suo palo, ma ogni tentativo di rimonta zurigorri è stato vanificato dall'espulsione (un po' esagerata) di Etxeita per una brutta entrata su Suárez. Il sipario è calato definitivamente con il quinto e ultimo gol culé firmato da Pedro, anche se nell'occasione il 90% del merito è stato di un Messi fantascientifico: vedere per credere il suo tener palla insistito, tra finte e dribbling nel cuore della difesa dell'Athletic, finalizzato solo ad aspettare l'inserimento di Busquets dalla seconda linea. Uno spettacolo, sottolineato nell'occasione dai meritatissimi applausi del San Mamés.
Il punteggio è stato forse ingeneroso, anche se la vittoria del Barcelona è assolutamente meritata. I Leoni, in ogni caso, possono essere soddisfatti: se avessero sempre mostrato l'atteggiamento di ieri sera, di certo adesso la classifica sarebbe molto diversa. Non è troppo tardi, comunque, e gli uomini di Valverde devono cominciare a dimostrarlo già da mercoledì, quando scenderanno in campo contro l'Espanyol per l'andata della semifinale di Copa del Rey.

Promossi e bocciati: in generale tutta la squadra, tranne un paio di eccezioni, è stata sopra la sufficienza. Iraizoz forse è stato poco reattivo in occasione della punizione deviata dello 0-1, poi però ha pareggiato i conti con una parata clamorosa su colpo di testa di Suárez. Etxeita e Laporte hanno retto sostanzialmente bene, così come la diga San José-Mikel Rico davanti a loro (imprescindibile specie quando la squadra andava a pressare nella trequarti del Barça). Se Aduriz è stato commovente per impegno e abnegazione, Unai López ha avuto momenti di gran calcio: bravissimo nella gestione del possesso, ha perso pochi palloni e ha fornito un paio di assist sontuosi (da grandissimo giocatore il filtrante per Aritz da cui è nata la rete di Mikel Rico).
Dietro la lavagna solo Balenziaga e Muniain. Il primo, sostituito al 51' da un buon Aurtenetxe causa infortunio (almeno sembra), è stato letteralmente fatto a fettine dalle folate offensive di Messi e co. Muniain continua a essere a metà del guado: spiace dirlo, ma non sta mantenendo le grandissime promesse dell'esordio. A quel tempo in pochi gli avrebbero preferito Griezmann, e invece il francese ora è un giocatore fatto, pur con notevoli margini di miglioramento, mentre Iker è rimasto al palo. A lui dimostrare che questo giudizio è sbagliato.

venerdì 6 febbraio 2015

L’Athletic e l’Italia: una storia europea.


Carlos García e Lacruz contro Del Piero, Athletic Club-Juventus 0-0 del 21 ottobre 1998 (foto aupaAthletic.com).

di Igor Igor Santos Salazar, Peña Leones Italianos

La storia dell'Athletic è legata a doppio filo alla storia stessa del calcio europeo. Non solo perché la squadra di Bilbao vide la luce sotto l'influsso, persino nel nome della società, del calcio inglese (basti ricordare come la sua maglia prenda i colori del Southampton e come molti dei suoi primi giocatori e allenatori furono inglesi) o perché sono ormai due le finali europee giocate (e perse...), ma anche per la fama internazionale della sua utopistica filosofia, della sua "eresia", come l'ha recentemente definita Gianni Mura, uomo molto sensibile alle tradizioni e alle diverse culture del calcio.
E in questo rapporto inesauribile dell'Athletic tra le proprie radici nella terra basca e la sua apertura all'Europa, l'Italia occupa un luogo più significativo di quel che si potrebbe pensare. Infatti, nonostante la prima sfida contro una squadra italiana risalga al novembre del 1976 (ben vent'anni dopo il debutto ufficiale dell’Athletic in competizioni continentale a Porto), da allora (si era nel terzo governo Andreotti) la fortuna dei sorteggi ha voluto che gli zurigorri incontrassero altre sette volte squadre italiane. Quasi quarant'anni di sfide che hanno portato l'Athletic in giro per lo stivale da Torino a Napoli e da Genova a Milano e Parma, per un totale di 15 partite (8 a Bilbao e 7 in Italia) tra Coppa Uefa, Champions ed Europa League. Soltanto le sfide contro squadre inglesi (non poteva essere diversamente) superano quella statistica (18 partite).
Quasi quarant'anni, dunque, separano il gol di Capello a San Mamés (effimero vantaggio rossonero) da quello di Ibai al Napoli nel "nuovo" San Mamés. Un periodo lungo abbastanza per offrire alcune tra le più ricordate (e rimpiante) storie dell'Athletic, prima tra tutte il gol di Bettega nella finale di ritorno della Coppa Uefa del 1977.
Gli episodi sono tanti. I giocatori protagonisti sono nomi indimenticabili della storia dell'Atheltic e del calcio europeo: Capello e Rivera eliminati all’88’ da un rigore segnato a San Siro; la doppietta di Andrinua contro la Vecchia Signora (Bilbao, ottobre 1988), resa inutile dal 5 a 1 dell'andata (la doppietta, là, fu merito di Laudrup). La vittoria a Marassi contro la Sampdoria di Klinsmann, Montella, Verón e Mihajlovic, l'unica, sino a oggi, in terra italiana (1 a 2). E ancora i pareggi contro la Juve di Zidane e Del Piero in Champions (gol di Guerrero al Delle Alpi), le sfide contro il Parma, sempre sconfitto a Bilbao, prima da Ziganda, dieci anni più tardi, con Valverde in panchina, grazie ai gol di Gurpegi e Del Horno.
In tutte queste storie, è Torino la città più volte visitata dal club e dai suoi tifosi (1977, 1988 e 1998). E la capitale sabauda ci attende ancora, diciassette anni più tardi, per rendere visita per la prima volta alla sponda granata della pedata cittadina. Un altro classico del calcio europeo. Un'altra partita dell'Athletic in Europa. Un'altra sfida nell’Italia. Un altro tassello della nostra centenaria storia. Eup!

Tabella 1. Cronistoria
Data
Competizione
Turno
Partita
Risultato
24/11/1976 Uefa 76/77 1/8 Athletic-Milan 4:1
08/12/1976 Uefa 76/77 1/8 Milan-Athletic 3:1
04/05/1977 Uefa 76/77 Finale Juventus-Athletic 1:0
18/05/1977 Uefa 76/77 Finale Athletic-Juventus 2:1
26/10/1988 Uefa 88/89 1/16 Juventus-Athletic 5:1
09/11/1988 Uefa 88/89 1/16 Athletic-Juventus 3:2
22/11/1994 Uefa 94/95 1/8 Athletic-Parma 1:0
06/12/1994 Uefa 94/95 1/8 Parma-Athletic 4:2
16/09/1997 Uefa 97/98 1/32 Sampdoria-Athletic 1:2
30/09/1997 Uefa 97/98 1/32 Athletic-Sampdoria 2:0
21/10/1998 Ch. L. 98/99 Gruppi Athletic-Juventus 0:0
04/11/1998 Ch. L. 98/99 Gruppi Juventus-Athletic 1:1
21/10/2004 Uefa 04/05 Gruppi Athletic-Parma 2:0
19/08/2014 Ch. L. 14/15 Preliminare Napoli-Athletic 1:1
27/08/2014 Ch. L. 14/15 Preliminare Athletic-Napoli 3:1

Tabella 2. Riassunto
Gare
Vinte
Pareggiate
Perse
GF
GS
Casa 8 7 1 0 17 5
Trasferta 7 1 2 4 8 16
Totale 15 8 3 4 25 21

lunedì 2 febbraio 2015

21a giornata: Levante 0-2 Athletic.


Aduriz dopo il primo gol: il numero 20 è stato ancora decisivo (foto Athletic-club.eus).

Levante UD: Mariño; Morales, Vyntra, El Adoua, Juanfran; Camarasa, Simão Mate (46' Diop); Xumetra, Víctor Casadesús, Ivanschitz (56' Uche); David Barral (70' Rubén García).
Athletic Club: Iraizoz; Iraola (90' Etxeita), Gurpegi, Laporte, Balenziaga; Iturraspe, Mikel Rico, De Marcos; Unai López (46' Susaeta), De Marcos, Muniain (78' San José); Aduriz.
Reti: 49' e 90' Aduriz.
Arbitro: Hernández Hernández (Colegio Canario).

Per una squadra abbacchiata e con evidenti problemi di fiducia, l'unica cura possibile è ritrovare la vittoria: un vecchio adagio la cui validità è stata ridimostrata negli ultimi quattro giorni dall'Athletic. Ai Leoni, che non ottenevano un successo in campionato da novembre, passare il turno in Coppa giovedì scorso è indubbiamente servito per acquisire un minimo di convinzione in più rispetto alle ultime, miserrime esibizione nella Liga, e tanto è bastato per ottenere una vittoria al Ciutat de Valencia che vale tanto oro quanto pesa.
Intendiamoci, il paziente è lungi dalla completa guarigione: nel primo tempo gli zurigorri, dopo un inizio promettente (e una traversa clamorosa colpita da Muniain), si sono progressivamente spenti, vittime delle proprie paure prima ancora che delle offensive del Levante. Volenterosi ma con ben poca qualità media, gli uomini di Alcaraz sono comunque riusciti a creare almeno un paio di buone occasioni da rete, tutto ciò mentre i biancorossi non riuscivano a servire un solo pallone decente a uno dei migliori centravanti del campionato. Valverde, a dirla tutta, ci ha messo del suo con la formazione iniziale: se il cambio Gurpegi-Etxeita era motivato (Xabi, diventato padre sabato, non aveva riposato molto), sinceramente non si capisce perché insistere con Unai López a destra, dov'è fuori dal gioco e non riesce a incidere, o per quale motivo non riproporre il positivo Beñat visto contro il Málaga. Per fortuna Txingurri, da tecnico intelligente qual è, ha rimediato all'intervallo, inserendo Susaeta per il giocane cachorro; è bastata questa semplice mossa per dare una scossa a tutta la squadra, scossa che peraltro ha avuto effetti immediati sulla partita. Prima lo stesso Susaeta è andato a pochi centimetri dal gol, con Mariño a fermare sulla linea il pallone calciato da Markel, quindi Aduriz ha firmato il vantaggio bilbaino con un'azione da mostrare a tutti i giovani con velleità da centravanti: perno sul difensore, controllo spalle alla porta di destro e girata vincente di sinistro. Una rete da applausi, che ha mostrato ancora una volta come l'Athletic dipenda in maniera viscerale dal suo numero 20. Trovato il vantaggio, i Leoni hanno giocato con più tranquillità e hanno sfiorato il raddoppio con Muniain, che si è divorato un gol fatto con un colpo di testa sciagurato. Non chiudere il match è stato senza dubbio l'aspetto più negativo del secondo tempo, in quanto il Levante nel finale è cresciuto ed è andato vicino al pareggio; per fortuna Iraizoz, in grande spolvero, ha salvato due volte in rapidissima successione su Xumetra e Rubén García. La seconda rete biancorossa è arrivata proprio al 90' col solito Aduriz, premiato stavolta da un filtrante di lusso di un ottimo Susaeta, ed è servita per evitare il prevedibile arrembaggio finale dei padroni di casa.
A Bilbao si torna a respirare, dunque. Adesso è necessario dare continuità alle prestazioni e ai risultati, perché la zona "calda" della classifica è ancora pericolosamente vicina. La prossima partita col Barça sarà proibitiva, ma provarci è d'obbligo.